di Domenico Quirico
Il caso è grave: mille giorni di inutile guerra. Quando si sono pronunciate queste poche sillabe, e intanto in Ucraina uomini e cose si rarefanno, appassiscono, cadono a pezzi, si è detto tutto, si è risposto a tutto e la vittoria non è nemmeno più una speranza. E allora siamo alla domanda, indefettibile: perché ci hanno ingannato promettendoci la vittoria? Chi dovrà renderne conto? L’argomento è scabroso, non lo nego. I progressi della tecnica, e della bugia, hanno reso molto feroci non soltanto questa guerra ma anche la (possibile) tregua. Non dimentichiamo questi due anni di malattia della verità, le false certezze per cui si è accettato un massacro progressivamente e umanamente premeditato: Putin sarà sconfitto, punto! Sarà Zelensky a stabilire quando la vittoria gli apparirà sufficiente perché totale! Mai trattative con Putin che è un criminale di guerra! L’economia russa non resisterà un mese al martello implacabile delle sanzioni! L’esercito russo è formato da aspiranti disertori portati in trincea con il fucile alla schiena! Eroismo ucraino e carri armati Leopard: risultato sicuro! A Mosca scoppierà la rivoluzione, oligarchi orfani di yacht e vacanze, generali umiliati, dissidenti impavidi fatevi sotto!
Abbiamo guardato, al di là del ragionevole, il feticcio della vittoria innalzato al di sopra della popolazione ucraina da certi ipnotizzatori che guariscono la vertigine con il sonno. I guerrafondai atlantici, politici, affaristi e accademici, da quasi tre anni non chiudono occhio: hanno pensato, elaborato, progettato la mega macchina del conflitto nel centro dell’Europa innescato da Putin come gigantesca occasione di business economico e politico senza rischi per loro, nascondendo tutto sotto retorici svolazzi: il diritto internazionale violato e da ricucire con virtuose cannonate, ridimensionare la Russia come potenza, addomestichiamola prima che aggredisca il mondo poiché è malata inguaribilmente di bulimia territoriale… Ma come la mettiamo con il fatto che Putin ha l’Arma? Niente paura, non ci sarà bisogno di lanciare i definitivi megatoni. Attenzione però: nei viaggetti in treno a Kiev e dopo non ci avevate promesso la salvezza dell’Ucraina, quella si poteva assicurare in altro modo nel 2014 o ancora nel 2022. Voi avete garantito ben altro, la vittoria. A volte la Storia tartaglia.
Mentre seguivamo il conflitto dalla prospettiva ingannatrice delle notizie del giorno che voi ci fornivate, simili a squarci di cielo illuminati dai lampi durante una tempesta, abbiamo notato o, meglio, scoperto che qualcosa non andava, c’era nello sviluppo delle operazioni una imperfezione, un difetto di base che neppure una accorta censura, il chiasso della vostra propaganda speculare a quella dell’Altro, riusciva a occultare. Insomma: Putin, l’invasore che bisognava punire con la pace ovviamente “giusta”, non stava affatto perdendo la guerra. Anzi con il passare dei mesi la stava inesorabilmente, metodicamente, pazientemente vincendo. La parola è sussurrata all’anniversario dei mille giorni nel mormorio di chi abbandona l’ultima speranza: i russi avanzano! Un miracolo che di questa grave realtà si trovi traccia in mezzo a tanta spacconeria, cupidigia, smemoratezza e vanità occidentale. Il fallimento o il successo nella lotta per la sopravvivenza tra nazioni e sistemi: questa è, ahimè, l’unica norma morale. Giusto è ciò che sopravvive. Putin è sopravvissuto con la sua prepotenza, per questo purtroppo ha vinto. E può proseguire nel suo “terrore vegetariano”.
Dopo mille giorni il Mefistofele in miniatura, soddisfatto, allinea al Cremlino le figurine dei nemici, i sacerdoti della umanità che invece sono scomparsi nel nulla della Storia: Biden che ha trascinato con sé nella sconfitta il partito democratico, un paio di primi ministri di sua maestà britannica che volevano rianimare con la guerra anglosassone una isola ormai irrilevante, Macron che vivacchia in attesa di una costituzionale pensione, Scholz che prepara il trasloco dalla Cancelleria. E la Nato! Il Gran Comandante, l’azzimato Stoltenberg che ha salutato tra inni e tamburi appena in tempo per non certificare la disintegrazione della più grande alleanza militare di tutti i tempi…
L’insipienza che ha guidato la condotta occidentale in questa guerra ha fatto sì che la putiniana propaganda infarcita di retorica patriottarda trovasse conferma nei fatti: la Santa Russia ha fermato, da sola, l’aggressione americana e dei suoi vassalli ucraini ed europei! I russi così tireranno avanti, come sempre, per l’ennesima volta, nella loro coscienza sdoppiata, sospesi nel trepido ascolto del cupo bisbiglio del destino. E qualunque trattativa dovrà partire dalla situazione militare sul terreno: altro che pace giusta con la restituzione di ogni centimetro conquistato e annesso dal 2014 a oggi!
E adesso, tra formule trite e anemici artifici, si prepara in Europa l’ennesima giravolta per liquidare il fantomatico e sfuggente Graal della vittoria e giustificare la sconfitta, si annuncia cioè che la necessità di trattare con il criminale Putin è tutta colpa dell’avvento dello sciagurato Trump, delle sue sgangherate simpatie putiniste! Da soli abbiamo le mani legate! E il buon diritto, e la-sorte-del-mondo-è-nelle-nostre-mani, e la corte dell’Aja? L’importante è celebrare la seconda morte dell’Europa senza dirlo, nell’ipocrisia.
Dunque: meno male che è arrivato Trump poiché nelle cancellerie non si aspettava altro che una buona scusa per finirla. Al di fuori dell’esplicito tutto diviene sopportabile, i sorrisi rifioriranno.
Il faccia a faccia con la seconda morte dell’Europa è angoscioso perché la subiamo e la compiamo. Un flash-back si impone; dell’Ucraina e di Zelensky a Washington e a Bruxelles non è mai importato nulla. Se la fede nella giustizia non fosse stato solo un molle guanciale era una causa per cui avrebbero dovuto pagare il prezzo di scendere direttamente in campo. Ma per l’amministrazione americana era soltanto una ghiotta occasione per logorare Putin, mettere il guinzaglio agli europei e fare buoni affari con armi e energia. Sempre senza mai superare una certa linea, senza impegnarsi a fondo. Si poteva cambiare idea ad ogni momento. Trump tirerà solo, maleducatamente, le conclusioni.
Per molti governi europei, deboli, discussi, in crisi di legittimità, la improvvisa febbre di fedeltà atlantica era una necessità di politica interna: zitti, dobbiamo salvare l’Ucraina e respingere Putin! Poi a un certo punto è diventato un affare lucroso: il nuovo eldorado della economia di guerra. Si comincia già a telefonare al criminale… bentornato Trump! Zelensky dovrà rassegnarsi. E soprattutto il business dei carri armati continuerà: siamo deboli, dobbiamo armarci…
(Pubblicato il 19 novembre 2024 © «La Stampa» – Esteri)