di Aurelio Musi
Lo sapevate che i missionari gesuiti in Cina, tra il Cinque e il Seicento, si vestivano da bonzi per entrare nelle grazie degli indigeni ed evangelizzare? È una delle tante curiosità che ci fa conoscere Francesco Failla in Bonzi, diavoli e miracoli. Storie e imprese dei gesuiti in Cina, Edizioni di Storia e letteratura.
Lo studio è pregevole per più motivi. Apre squarci conoscitivi sulla rete di rapporti fra Occidente e Oriente durante la prima età moderna, sugli scambi interculturali, fermando l’oscillazione del pendolo fra primati occidentali e primati orientali. Utilizza fonti inedite come le lettere e le relazioni inviate dai missionari ai loro padri generali e confratelli in Europa. È scritto con stile divulgativo, arioso, agile ed è sempre attento a inquadrare la storia specifica dell’Ordine nel contesto degli eventi e problemi della storia più generale.
Si chiamavano “indipeti”, abbreviazione di “Indias petebant”: erano gli esponenti dell’Ordine religioso che spinti da motivazioni diverse – familiari, vocazione all’evangelizzazione in terre incognite, insoddisfazione per il proprio vissuto, desiderio di avventura – chiedevano (“petebant”) ai loro superiori di essere inviati nelle Indie orientali.
La fonte suindicata, privilegiata da Failla, consente all’autore di ricostruire le storie di vita, i viaggi verso il Celeste Impero, lunghi, densi di incognite, sacrifici e sofferenze, che a volte si concludevano con la morte prima che l’“indipete” potesse raggiungere la meta, ma anche la formazione del gesuita attraverso una “ratio studiorum” interdisciplinare, che diventerà il modello pedagogico e didattico delle classi privilegiate in Europa: un modello comprensivo di conoscenze umanistiche e scientifiche, musica, arti, meccanica, balistica.
L’autore sottolinea due fattori che favorirono la penetrazione dei gesuiti in Cina: la loro costitutiva “missionarietà”, ossia la vocazione al proselitismo fin dall’atto fondativo dell’Ordine ad opera di Ignazio di Loyola; la strategia consigliata ai confratelli di “farsi cinesi fra i cinesi”. Ciò significò cambiare immediatamente la pratica dell’imitazione dei bonzi, screditati presso le popolazioni indigene perché da esse considerati ignoranti e dissoluti, e adottare l’identità e la formazione dei mandarini, privilegiando come interlocutori le classi dirigenti del Celeste Impero. Fu così che non pochi gesuiti ricoprirono cariche apicali nell’amministrazione dell’Impero, che i cinesi furono conquistati dalle conoscenze scientifiche introdotte dai gesuiti, tanto da concedere ai padri missionari un tale credito di fiducia da rendersi disponibili ad accogliere la dottrina cristiana, spesso fino alla conversione. Forse è alquanto esagerata la tesi di Failla, perché alquanto integralistica, ma contiene un nocciolo di verità: secondo l’autore, «i gesuiti in Cina furono gli intermediari di un radicale ripensamento della visione eurocentrica dell’altro, trasferendo all’Europa stessa una diversa percezione di sé, necessaria per superare i limiti di relazioni, fino ad allora, fondate sulla superiorità della storia e della cultura europea».
L’Ordine compì notevoli sforzi per dialogare con i confuciani, per dimostrare che esistevano molti punti di contatto fra cattolicesimo e confucianesimo, per adattare la cultura occidentale alla cultura cinese, per esercitare la virtù della tolleranza. Gli strumenti adottati per farsi accettare dal Celeste Impero e dalle sue popolazioni furono molteplici: l’apostolato attraverso i libri e la realizzazione di biblioteche nelle residenze gesuitiche cinesi; l’applicazione delle conoscenze di meccanica e balistica nella progettazione e costruzione di cannoni; la capacità di prevedere i terremoti.
Ma “i miracoli della scienza e della fede”, che favorirono conversioni anche di personalità della dirigenza imperiale, non impedirono le persecuzioni. I gesuiti furono ritenuti una minaccia per la stabilità e l’ordine sociale e politico. Il tramonto della Compagnia di Gesù nelle missioni sarebbe inoltre stato favorito dalla nuova stagione di evangelizzazione in Oriente in seguito all’arrivo di nuovi Ordini religiosi negli anni Trenta del Seicento e le accese dispute sui metodi di evangelizzazione dei gesuiti.
(Pubblicato il 20 dicembre 2024 © «Corriere della Sera» – La nostra storia)