Le armate ottomane che conquistarono Tripoli, che portarono guerra a Gerba e che assediarono Malta ebbero un protagonista calabrese, che prima della battaglia di Lepanto ne comandava tutta l’ala sinistra. Un calabrese che aveva trasformato l’essere stato catturato in un destino capace di influire nella storia di quella grande forza imperiale.
L’autrice stessa, professoressa di Storia moderna all’Università di Salerno, è calabrese (come l’editore, del resto) e questo è un libro frutto di una ricerca originale e affascinante.
Sbarcando a Istanbul si trovano molte presenze italiane. Naturalmente nell’antica Costantinopoli, dove molti simboli romani sono stati poi distrutti, ma anche assai posteriori: ai genovesi si deve la Torre di Galata, che segna la città come presenza storica e contemporanea. Da noi è meno conosciuta la storia di Giovan Dionigi Galeni, che sarà poi chiamato: Uluç Alì, Occhialì, Kïliç Alì Pasha e – nome scelto dall’autrice – Uccialì. Nato a Le Castella, vicino Capo Rizzuto. Catturato e portato via, distintosi nella guerra di corsa, convertitosi all’Islam e quindi ammiraglio ottomano. Fu, si legge, «l’erede di Barbarossa e di Dragut e nessuno, come sottolinea Braudel, “ricomincerà una carriera analoga alla sua”, nessuno avrebbe potuto, o meglio, sarebbe stato in grado di rivivere una così straordinaria avventura, quella di un ‘uomo di frontiera’ di umili origini, conteso da due mondi (nonché due ‘culture’) diametralmente opposti e inscindibilmente connessi».
Scritto con il rigore degli studi storici, il libro restituisce il racconto di un’epopea che a tratti sembra fantastica, al punto che l’autrice fa opportunamente un costante riferimento alle fonti affinché il lettore non creda che la sua penna si sia fatta prendere dalla fantasia. Perché la grandezza di Uccialì si vide non soltanto nell’arte del combattere ma anche nella generosità, al punto da divenire quasi leggenda. Passare dall’essere un uomo buono giusto per il remo ad ammiraglio, dall’essere schiavizzato allo spadroneggiare, non è certo un percorso facile. E merita d’essere raccontato, come qui si fa.
(Pubblicato il 23 febbraio 2024 © «La Ragione» – Leggere fa bene alla Ragione)