di Lorenzo Cafarchio
Qual è il limite dell’orizzonte? I giorni che passano, incessanti, attorno a noi hanno ridotto il margine della prospettiva. Ogni conquista sembra affidata a scomparti della tecnica ai più sconosciuti, mentre le lande da raggiungere hanno tutte una bandiera e il mistero, così, sparisce evaporando. C’è la dimensione dello spazio, verticale sopra le nostre teste, che ancora affascina, ma spaventa – Martin Heidegger, docet – uomini e donne che hanno smesso di cercare nel sogno di un’idea la propria dimensione. John Steinbeck lo sapeva bene per questo vergò la frase “le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”. Ma noi siamo italiani e lo sapevamo già. Passati i secoli e nonostante lo spirito imbolsito rimaniamo un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori e di trasmigratori. Che poi ogni vocabolo, messo in questo climax, non è altro che sinonimo e fratello degli altri. Non possono che venirci incontro i libri per confutare l’anima d’Italia. Un volume in particolare quello appena pubblicato da Neri Pozza, nella collana I Colibrì, dal titolo Viaggiatori Straordinari. Storie, avventure e follie degli esploratori italiani (320 pp.; € 20,00) redatto dal giornalista e scrittore triestino Marco Valle.
Già la copertina viene da un mondo lontano. Raffigura la spedizione al Polo Nord realizzata da Luigi Amedeo di Savoia, nonché Duca degli Abruzzi, e Umberto Cagni. Anno domini 1899. La prelibata essenza di illustri nostri connazionali conservata tra le pieghe del tomo e nella memoria. La traversata è divisa in cinque tappe. Partenza dai viaggiatori prima dell’Italia, poi le Afriche e il colonialismo, senza dimenticare la circumnavigazione del globo, giungendo agli esploratori con e senza Duce per chiudere tra le stelle. Storie e leggende. Andiamo a fare conoscenza di qualcuno dei protagonisti. A pagina 43 fa capolino nella nostra lettura Giacomo Beltrami. Eccolo qui il bergamasco che scoprì le sorgenti del Mississippi. Nato a fine ‘700 nella città orobica ha fin dalla giovane età mostrato il suo sconfinato patriottismo tra Napoleone e una Nazione da costituire. La sua avventura inizia nel 1822 quando si imbarca da Liverpool in direzione Stati Uniti d’America. Quasi senza volerlo diventa “uno scienziato umanista, un proto-etnografo e un autentico reporter”. Nel 1823 mentre risale il Red River viene abbandonato dai suoi compagni d’avventura e inizia un calvario che lo conduce alle porte della morte. Ma italians do it better e viene salvato da una tribù chippewa che gli permette di entrare in contatto con i nativi statunitensi. Ha il tempo di nominare Julia Lake, in ricordo della sua amata Giulia, quella che all’epoca si pensava la fonte del Mississippi. Italiani sì, ma al cuor non si comanda.
Hai mai sentito parlare di Guglielmo Massaja? Il frate che fondò una capitale. Amico di Gioberti, Silvio Pellico e assiduo lettore del Manzoni ha inciso il suo nome nella storia del corno d’Africa. Vedeva nell’Etiopia il naturale “sbarramento cristiano” per fermare “l’espansione maomettana nel continente”. Grazie alle sue competenze mediche, acquisite a Torino, venne soprannominato mago del vaiolo vaccinando 40.000 africani e battezzandone oltre 35.000. L’Africa battuta palmo a palmo a piedi o a dorso di un mulo per 7.000 chilometri. Questa la risma dei protagonisti del testo di Marco Valle. Nel 1861 il ministro degli esteri, Bettino Ricasoli, all’alba dell’unità nazionale scrisse che “l’Italia riunita in una sola Nazione è chiamata a rinnovare quei tempi gloriosi in cui la bandiera italiana sventolava dovunque come simbolo di civiltà”. Eccolo qui lo spirito di queste pagine.
Nell’incedere sicuro delle figure incontriamo il già citato Duca Luigi Amedeo di Savoia. A partire dalla più tenera età si appassionò “all’alpinismo e al mare alternando le escursioni sulle Alpi con gli studi all’Accademia navale di Livorno”. A cavallo tra ottocento e novecento, come ricordato, esplorò il Polo Nord conducendo la sua spedizione fino alla latitudine nord 86° 34’, un vero e proprio record mondiale rimasto imbattuto sino al 1909. Anno in cui, con De Filippi e Sella, si diresse in Asia per conquistare il K2, la montagna degli italiani, arrivando fino a quota 6666 metri un vero e proprio primato per l’epoca. Sarà Walter Bonatti nel 1954 a completare con successo la missione. Con lui anche un altro dei nostri interpreti. Ardito Desio è il friulano tra ghiacci e deserti. L’autore ricorda un incontro alla fine degli anni ‘80 con l’esploratore di Palmanova in cui gli mostrò il “primo campione di petrolio della Libia”. Trovato proprio da Desio, nel 1938, nei pressi dell’oasi di Marada. Affascinato dal deserto riconobbe tra la sabbia maghrebina l’immutabilità delle leggi della natura contro le folli creazioni mentali e fisiche dell’uomo. Poi Giuseppe Tucci ovvero il pastore errante d’Eurasia. Nato a Macerata nel 1894 fu sodale di Mircea Eliade, tanto gigante d’Italia da finire nella pellicola del 2007 di Francis Ford Coppola Youth without Youth tratta dal testo Un’altra giovinezza dello studioso delle religioni romeno. In un’intervista a La Stampa del 1983 disse: “Io non parlo mai di Europa e di Asia, ma di Eurasia. Non c’è avvenimento che si verifichi in Cina o in India che non influenzi noi, o viceversa, e così è sempre stato”. La sua curiosità e il suo pragmatismo politico, tra Fascismo e Prima Repubblica, lo portarono in ogni angolo del continente asiatico dalla Cina al Giappone attraversando il Tibet. Sarebbero ancora mille le storie da raccontare, da Ippolito Desideri a Samantha Cristoforetti, di questi capitani coraggiosi incorreggibili viandanti che ovunque hanno depositato la quintessenza del tricolore.
(Pubblicato il 15 febbraio 2024 © «Libero»)