di Stefano Folli
La cultura liberale non è un’ideologia e quindi non assomiglia in nulla a un monolite. Su questo ci sono pochi dubbi. Eppure uno sforzo per definire il liberalismo, anzi i “liberalismi” al plurale, non solo è possibile, ma è doveroso. Sappiamo quanto la nostra storia nazionale e in particolare il Risorgimento e il post-Risorgimento debbano ai liberali. E anche quanto il loro contributo sia stato in parte offuscato nel corso del Novecento , in relazione alle contingenze storiche: dal fascismo all’avvento dei grandi «partiti-chiesa». Ben venga allora l’opera imponente di cui è appena uscita, grazie all’editore Rubbettino, la prima parte: Dizionario del liberalismo italiano, tomo I, pp. 1.062, € 45,00.
È un dizionario per voci il cui obiettivo, mi sembra riuscito, consiste nell’abbracciare e ripensare il grande libro aperto del liberalismo italiano, con le sue vicende, le sue specificità, la sua influenza sugli itinerari storici nel periodo Otto-Novecento. Il comitato dei promotori, chiamati a colmare un vuoto di non poco conto, riunisce i nomi di: Giampiero Berti, Dino Cofrancesco, Luigi Compagna, Raimondo Cubeddu, Elio d’Auria, Eugenio Di Rienzo, Francesco Forte, Tommaso Edoardo Frosini, Fabio Grassi Orsini, Giovanni Orsina, Roberto Pertici. Le singole voci sono redatte da un ventaglio di studiosi che comprendono, oltre ai promotori, il meglio della cultura liberale. Fermo restando, è ovvio, che ognuno scrive con la propria sensibilità, attraverso un approccio che non è e non potrebbe essere sempre omogeneo.
Del resto, avvertono gli stessi curatori, quando si parla di liberalismo si accetta inevitabilmente (e, potremmo aggiungere, fortunatamente) una grande varietà di posizioni e interpretazioni che «nel corso della storia sono state tra di loro spesso contrastanti, ma in molti casi complementari». E infatti «vi sono stati liberali idealisti e positivisti; credenti, laici e anticlericali; progressisti e conservatori; protezionisti, liberisti o a favore dell’economia sociale di mercato; favorevoli a un tipo o a un altro di alleanza internazionale e via dicendo, ma tra loro vi erano dei punti in comune fermi e condivisi: la difesa dei diritti civili e politici, della libertà religiosa, del legame con la tradizione risorgimentale, il rispetto delle istituzioni liberali, la dedizione all’interesse nazionale, l’idea che fosse un dovere promuovere l’istruzione popolare e la cultura, il principio di nazionalità e il rifiuto del nazionalismo».
Non si potrebbe dir meglio; e infatti all’inizio del volume un denso articolo di Dino Cofrancesco è dedicato alla «filosofia azionista», fonte di inesauribili polemiche anche e soprattutto nel mondo liberale. In altri termini, la cultura liberale, proprio a causa delle sue contraddizioni, esige quel lavoro di costante approfondimento che le ideologie del Novecento, con le loro verità impacchettate, non richiedevano. Ma oggi, come è noto, i tempi sono cambiati e tutti si dichiarano liberali. Gli “ex” di tutte le chiese hanno abbracciato il liberalismo. Niente da obiettare, salvo che la lettura di questo dizionario sarebbe utile a loro e non solo ai vecchi liberali convinti.
(Pubblicato il 12 febbraio 2012 – © «Il Sole 24 Ore»)