di Maria Monesi
A 110 anni dalla storica presentazione della teoria geopolitica del Heartland ad opera del suo ideatore, il geografo britannico Halford John Mackinder, il 5 novembre 2014 la facoltà di Scienze Politiche della Università Sapienza di Roma ha ospitato il convegno dal titolo “Il perno geografico della storia 110 anni dopo: Mackinder, la geopolitica e i rapporti anglo-russi” organizzato dall’IsAG (Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie), Cattedra di Storia dell’Europa Orientale del Dipartimento di Scienze Politiche della Sapienza e Master in Geopolitica e Sicurezza Globale Sapienza-IsAG.
Il 25 gennaio 1904, infatti, Mackinder presentò lo studio The Geographical Pivot of History (“Il perno geografico della storia”) presso la Royal Geographical Society, segnando un cruciale punto di svolta nello studio delle relazioni internazionali, in quanto, coinvolgendo nella medesima discilplina la geografia fisica e umana, la storia, lo spazio e il tempo, ha contribuito alla nascita e allo sviluppo di una nuova disciplina: la geopolitica. Fulcro degli interventi esposti dagli illustri relatori che hanno partecipato alla conferenza non è stato solo la riflessione intorno ai contenuti della teoria di Mackinder, ma anche un’approfondita analisi del contesto storico che condizionò la sua elaborazione e il riscontro della sua attualità, palese segnale, quest’ultimo, della validità e della lungimiranza dell’analisi mackinderiana.
Un percorso di analisi articolato intorno a questi argomenti non poteva prescindere da un focus sull’elaborato di Mackinder al centro del dibattito: The Geographical Pivot of History. Esso è stato abilmente realizzato dal Dott. Daniele Scalea (Direttore Generale dell’IsAG e biografo di Mackinder), il quale, con l’ausilio di Giorgia Licitra che prestava la voce alla lettura dei brani estrapolati dal suddetto scritto, ha analizzato i vari estratti singolarmente presi in considerazione, tracciando un quadro dettagliato della prima formulazione di quella che è considerata la più importante teoria a cui Mackinder abbia dato la paternità, ossia la teoria del “Heartland” (“Terra-cuore”). Passo dopo passo quest’ultima è stata delineata analizzando sia la percezione del mondo di MacKinder, contestualizzata nell’ambito del periodo storico nel quale opera e dei fini politici che persegue, sia le proprie valutazioni riguardo gli elementi che devono essere presi in considerazione nel momento di compiere scelte strategiche: quelli costanti (l’opposizione terra-mare, popoli continentali e popoli marini) e quelli variabili (la tecnica del movimento per terra e per mare, la popolazione e le risorse utilizzabili nella rivalità delle nazioni, l’estensione del campo diplomatico).
Dalla individuazione geografica del Heartland all’interno dell’Eurasia e delle sue caratteristiche fisiche principali, caratterizzate da un’immensa pianura solcata da grandi fiumi che però non permettono l’accessibilità dal mare, si evince, quindi, che la “Terra-cuore” non è facilmente conquistabile da parte delle potenze marittime. L’Heartland, pertanto, è il cuore del potere terrestre che da sempre si oppone a quello marittimo ed il perno intorno al quale ruota la storia mondiale. Partendo da queste enunciazioni di base, il Dott. Scalea si è soffermato sull’eco che gli studi di Mackinder hanno avuto nel panorama intellettuale dell’epoca e sull’influenza che essi hanno prodotto sulla classe dirigente inglese, sottolineando non solo il fondamento ideologico dell’autore, che si manifesta nella fervida propaganda a favore dell’imperialismo britannico, ma anche il fine politico del suo pensiero, ossia quello di tutelare e salvaguardare gli interessi britannici nel mondo e di individuare eventuali minacce che potessero ridurre o annullare la sua sfera d’influenza.
Di seguito, il Prof. Eugenio Di Rienzo (Ordinario di Storia moderna all’Università Sapienza) ha trasmesso agli uditori una interpretazione del pensiero di Mackinder elaborata mediante la storicizzazione della sua teoria, sottolineando, inoltre, come la sua elaborazione sia stata fortemente influenzata dal contesto storico, il cui protagonista era l’Impero Britannico affermatosi come superpotenza mondiale, e dai rapporti di forza tra le Grandi Potenze. Allo stesso modo, anche la sua evoluzione fu condizionata dal mutamento dello scenario internazionale e dal susseguirsi degli eventi storici. La teoria sviluppata da Mackinder è il frutto di una lunga gestazione che ha interessato un arco temporale che va dal 1904 fino al 1943. La guerra tra Russia e Giappone del 1904 gli fa comprendere che il vantaggio proveniente dal controllo sui mari può essere bilanciato dalla creazione di una mobilità terrestre ottenuta grazie alla costruzione di ferrovie; l’intesa anglo-russa del 1907, volta a definire le sfere d’influenza di Gran Bretagna e Russia in Persia, Afganistan, Tibet assumeva così il valore strategico di annullare i vantaggi dati alle Potenze terrestri dalle ferrovie continentali, con lo scopo di impedire che una sola potenza politico-militare fosse in grado di unire le forze navali e terrestri supportate da enormi risorse continentali.
Nel 1919 Mackinder sostiene il bisogno, per evitare che le potenze continentali si uniscano, di creare degli Stati “cuscinetto”, in grado di arginare le potenze terrestri, suggerendo che il controllo dell’Eurasia da parte di un’unica Nazione o di una coalizione di Stati avrebbe dato a quella forza e vantaggi a lungo termine; nel 1943, invece, sviluppa un’idea molto simile al containment americano post-Seconda guerra mondiale, sostenendo la necessità di costituire un argine alla sempre più pericolosa Unione Sovietica divenuta la maggiore potenza terrestre del mondo nonché la potenza dotata della posizione difensiva strategicamente più forte.
Dopo l’excursus storico-politico intrapreso dal Prof. Di Rienzo, ha preso la parola il Dott. Matteo Marconi (Direttore del programma “Teoria geopolitica” dell’IsAG) che ha spiegato come Mackinder concepisce il concetto di potere, il quale risulta strettamente condizionato dalle caratteristiche geografiche fisiche, naturali dello Stato e dalle risorse che arricchiscono lo spazio. Tali costanti, infatti, sono capaci di influenzare le varie attività umane come la cultura, la politica, le istituzioni governative, le attività economiche e le relazioni internazionali che, oltre ad essere interdipendenti tra loro, sono anche tutte da mettere in relazione con la posizione geografica e con i limiti e le sfide che quest’ultima pone al loro sviluppo. La più importante delle caratteristiche fisiche, che hanno maggiormente determinato l’attività umana nelle principali fasi storiche, è senz’altro l’opposizione tra terra e mare anche se, da sola, non può essere considerata come l’unica causa dello sviluppo della civiltà. Nonostante non si sottragga a questa regola, può, però, essere considerato un “determinista atipico” in quanto sostiene che questa non si applichi indipendentemente e automaticamente ma debba essere coltivata e sviluppata anche grazie al “manpower”, il potenziale umano.
Di seguito, il Prof. Roberto Valle (Associato di Storia dell’Europa Orientale all’Università di Sassari), moderatore dell’evento, ha tracciato un quadro dettagliato delle caratteristiche della geopolitica russa attuale. Negli anni Novanta, infatti, in Russia nacque il movimento neo-eurasiatista il cui massimo esponente è il filosofo russo Aleksandr Dugin. Riprendendo i progetti politici dei primi eurasiatisti, la cui elaborazione risale agli anni Venti del novecento, invoca una Russia forte, non più asservita all’Occidente ma, come sosteneva Savickij, una potenza continentale-culturale.
Il Prof. Alessandro Grossato (docente alla Facoltà Teologica del Triveneto) ha fornito una lettura della geopolitica di MacKinder in chiave religiosa. Egli, infatti, sostiene che, probabilmente, le rappresentazioni del Pivot of History e dello Heartland di Mackinder riprendono alcune descrizioni mitiche e rappresentazioni simboliche delle religioni dell’Asia centro-orientale e meridionale che circolavano ampiamente negli ambienti fabiani di cui l’autore era frequentatore. Ne è un esempio la rappresentazione dell’Eurasia nella cosmologia indù e buddhista, come un’unica isola-continente ruotante attorno all’asse immobile della montagna cosmica ma anche il cosiddetto «martello mongolo», un’altra espressione geopolitica coniata da Mackinder, che, a sua volta, echeggia talune concezioni escatologiche e apocalittiche medievali, non solo cristiane.
L’incontro si è concluso, come di consueto, con un attivo e produttivo scambio di opinioni tra udienti e relatori che hanno risposto efficacemente alle questioni sollevate dal pubblico. Ha partecipato al dibattito, tra gli altri, anche l’analista internazionale Alessandro Politi.
(Pubblicato il 15 novembre 2014 – © GeoPolitica)