di Eugenio Di Rienzo
Gerusalemme è stata nel passato l’epicentro di ben centodiciotto conflitti. Questo, almeno, è il dato fornito da Eric H. Cline nel suo Jerusalem Besieged. From Ancient Canaan to Modern Israel. A quanto pare, la prima battaglia documentata finalizzata alla conquista del sito – null’altro che un nido d’uomini, situato tra colline scoscese, oltre il deserto, al di là della mezzaluna fertile – risale al 1350 a.C. ca. La lotta per il controllo di Gerusalemme è in corso ancora oggi. Questa centralità non si è affievolita nel corso dei secoli, continuando a mantenere la Città Santa al centro dell’attenzione mondiale. Certo, è curioso il fatto che questa piccola città, isolata e apparentemente insignificante dal punto di vista geografico, sia diventata il punto di riferimento di così tante tensioni. La sua importanza non è legata a risorse naturali o a una posizione strategica particolare, ma piuttosto alla carica simbolica che le è stata attribuita. Le sue strade sono ancora teatro di diatribe politiche, religiose e culturali. Tale peculiarità rende Gerusalemme unica nel panorama mondiale, un luogo dove il sacro e il profano si intrecciano in modo inestricabile, alimentando cicli di pace e guerra. Essa continua a rappresentare un simbolo di conflitto e riconciliazione, una chiave per comprendere le dinamiche globali. La sua storia, dunque, non è confinata al passato, ma permea il presente in maniera viva e pulsante.
In Fra Cielo e Terra. Gerusalemme e l’Occidente medievale, l’allettante saggio edito in questi giorni da Carocci Editore, Antonio Musarra, una delle più promettenti punte di lancia della medievistica italiana, esplora il modo in cui l’Occidente medievale ha costruito la propria immagine di Gerusalemme, proiettandovi sogni, paure, ambizioni e aspirazioni escatologiche. Non solo un luogo fisico, la città è tratteggiata come uno spazio simbolico, in cui riflettere le tensioni e le speranze di un’intera civiltà. Fin dalle prime pagine, l’autore invita a riflettere sulla duplicità che da sempre caratterizza la Città Santa, sospesa «fra Cielo e Terra», crocevia di fedi e culture, destinata a divenire, nel Medioevo, il cuore pulsante della Cristianità. Questa dualità non avrebbe fatto altro che alimentarne la centralità, rendendola un punto di riferimento essenziale, «fulcro nella concezione del mondo dell’Occidente medievale». La narrazione, supportata da una ricca documentazione, si sviluppa con fluidità, guidando il lettore attraverso secoli di storia e spiritualità. «Un viaggio – scrive Musarra – un po’ “iter”, un po’ “peregrinatio” fra la Gerusalemme terrena, la Gerusalemme celeste e la Gerusalemme traslata».
Il libro si articola in tre sezioni, ciascuna delle quali indaga una diversa dimensione della città. Nella prima parte, La Gerusalemme terrena, Musarra ripercorre la storia della città, dal periodo della rifondazione di Adriano come Aelia Capitolina fino alla conquista ottomana. La narrazione si sofferma sulle trasformazioni politiche, culturali e religiose che hanno caratterizzato la città nei secoli, rendendola un crocevia conteso tra ebrei, cristiani e musulmani. Fu la trasformazione costantiniana, nel IV secolo, a rendere la città un polo sacrale, ruotante attorno alla basilica del Santo Sepolcro, la quale, peraltro, è attualmente oggetto di scavo archeologico da parte dello stesso Ateneo dell’autore. Musarra descrive, inoltre, con attenzione, la lunga dominazione musulmana, evidenziando come Gerusalemme abbia acquisito un significato sempre più profondo anche per l’Islam. Emblematica fu la conquista crociata del 1099 e il successivo sviluppo della città come capitale del Regno di Gerusalemme, un luogo di pellegrinaggio e potere.
Nella seconda parte, La Gerusalemme celeste, l’autore trasporta il lettore in una dimensione più astratta e simbolica, esplorando l’immaginario cristiano proiettato sulla città. Gerusalemme terrena viene trasfigurata in un archetipo celeste: una città ideale, tesa a figurare in terra il Paradiso. La Gerusalemme celeste, descritta nell’Apocalisse di Giovanni, assume un ruolo fondamentale, legandosi alla speranza di redenzione e alla fine dei tempi. Musarra mostra come l’architettura cristiana, soprattutto monastica (ma non solo), si sia ispirata a questa visione celeste. Un esempio significativo è l’abbazia di Cluny, una delle più importanti costruzioni dell’Europa medievale, che, con la sua grandiosa struttura, tentava di riprodurre sulla terra un riflesso della Gerusalemme celeste. Abbazie, chiese e cattedrali non erano semplicemente luoghi di culto, ma vere e proprie rappresentazioni fisiche del Regno dei Cieli. È in questa dimensione che la Gerusalemme celeste diventa non solo una meta spirituale, ma anche un modello per la costruzione dei luoghi sacri. Le immagini della città ideale ricorrono, inoltre, nelle miniature, negli arredi liturgici e nei capitelli, contribuendo a consolidare il legame tra la città terrena e quella celeste.
La terza parte del libro, La Gerusalemme traslata, si sofferma su un fenomeno particolare: il trasferimento simbolico della sacralità di Gerusalemme in Occidente. L’autore analizza come la costruzione di chiese e santuari «ad instar Sancti Sepulchri», ovvero modellati sul Santo Sepolcro, insieme all’arrivo di reliquie da Gerusalemme, abbia contribuito a risacralizzare il suolo europeo riproducendo gli spazi e i significati della Città Santa. Le molte rotonde europee – basti pensare a Santo Stefano Rotondo, a Roma o al duomo Vecchio di Brescia, per citare soltanto due esempi tra i più significativi – non erano soltanto luoghi di culto, ma veri e propri surrogati della Città Santa, in cui i pellegrini potevano vivere un’esperienza spirituale senza intraprendere il lungo viaggio verso Oriente.
Allo stesso modo, l’avvento di reliquie cristiche – porzioni della Vera Croce, spine della corona di Cristo – consentivano di trasportare fisicamente e spiritualmente la rispettiva virtus in Occidente, permettendo ai fedeli di entrare in contatto con il sacro.
Nella conclusione, Musarra riflette sul significato complessivo di Gerusalemme per l’Occidente medievale. L’immagine prodottasi nel corso dei secoli medievali – in gran parte, assimilabile a quella tutt’oggi albergante nell’immaginario europeo – non sarebbe che una «costruzione culturale», volta a riunire in essa il passato, il presente e il futuro della Cristianità. Gerusalemme rappresentava il legame con le radici della fede; essa, tuttavia, era anche una città proiettata nel futuro, verso una dimensione escatologica e ultraterrena. «Le radici della Gerusalemme cristiana vanno cercate in Europa», sostiene l’autore, ribadendo come l’Occidente abbia fatto della Città Santa il simbolo del proprio desiderio di trascendenza.
Ma in che misura questa costruzione culturale ha influenzato l’identità stessa dell’Europa medievale? Il continuo riferimento a Gerusalemme come luogo fisico e spirituale ha forse consolidato un modello di potere che affondava le sue radici nel sacro? Oppure ha alimentato l’idea di una missione universale che ha giustificato, nei secoli, conquiste e ambizioni politiche? È possibile che la proiezione di Gerusalemme nell’immaginario europeo sia servita a dare un senso di unità, laddove le divisioni politiche e religiose erano sempre più forti? Si tratta di domande cui il volume accenna soltanto, aprendo strade inusitate per la ricerca. Fra Cielo e Terra, a ogni modo, offre non solo una ricostruzione storica ma una riflessione sul rapporto tra storia e mito, distinguendosi. Il testo si distingue per la sua capacità di coniugare la concretezza dei fatti storici con l’evocazione di un immaginario che ha attraversato i secoli, facendo di Gerusalemme un simbolo universale di fede, potere e aspirazione, comune ricordiamolo, alle tre religioni abramitiche (l’Ebraismo, il Cristianesimo, l’Islam), che ha trasformato, nel corso dei secoli, la «Città Santa», come recita un passo dei Salmi, in una terra contesa.
(Pubblicato il 24 settembre 2024 © «Corriere della Sera» – La nostra storia)