di Marco Trotta
Nel periodo che va dal 25 luglio 1943 al 25 aprile 1945, cioè dalla caduta del fascismo alla fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia fu attraversata da una delle stagioni più tragiche della sua storia unitaria, stretta nella morsa delle funeste conseguenze del’8 settembre 1943, data in cui fu reso pubblico l’armistizio con gli anglo-americani.
Correva impietoso e inesorabile il tempo della disfatta della nazione, morale oltre che militare.
Fu allora che, nella dolorosa gravità di quell’opprimente contesto e nella coscienza politica di non poche personalità dell’antifascismo, rapiti dal vortice della lotta contro il “male assoluto” costituito dall’asse nazifascista, s’impose il duplice nodo di come, da un lato, salvare il territorio nazionale dal giogo forzoso dell’occupante straniero e di come contribuire, dall’altro, all’edificazione di un nuovo e diverso ordine democratico, sia italiano che europeo.
Un recente libro, Sotto altra bandiera. Antifascisti al servizio di Churchill (Neri Pozza editore), dello storico Eugenio Di Rienzo, professore onorario di Storia moderna nell’Università La Sapienza di Roma, dà ora conto di quelle controverse vicende con dovizia di particolari inediti grazie al prezioso corredo di fonti documentarie provenienti dagli Archivi Nazionali di Londra da poco rese fruibili.
Nelle asprezze dell’angoscioso momento storico il nocciolo duro della querelle apparve subito nel dissidio tra due scelte da intraprendere al cospetto di un bivio terribile ma ineludibile: se, cioè, provvedere in ogni caso alla drammatica difesa dell’Italia, anche se posta dalla parte sbagliata; o se, piuttosto, lottare senza scrupoli, da italiani, contro la propria nazione al servizio di forze internazionali che, quantunque alleate dopo il dramma dell’8 settembre e della “morte della Patria”, continuavano a tenere nei confronti dell’Italia una condotta punitiva, come fu il caso dell’Inghilterra di Churchill.
Proprio al primo ministro inglese non pochi fuoriusciti italiani fecero concreto riferimento, capaci di tessere i fili ordinatori di un attivissimo blocco di resistenza, alimentato da forti passioni ma pure colmo di doppiezze e dilaniato da profonde lacerazioni. Essi si legarono alle iniziative strategiche dello Special Operations Executive, “punta di lancia dell’intelligence britannica”, minimamente disposta a garantire interessi italiani dopo la fine conflitto. Fino al punto di sacrificare l’integralità del proprio Paese, quei resistenti credettero di combattere per rimettere in libertà un intero mondo oppresso dai totalitarismi.
Non pochi protagonisti della reazione al fascismo, come Aldo Garosci, Emilio Lussu, Max Salvadori, Alberto Tarchiani e Leo Valiani, le cui esperienze sono largamente descritte nel volume, assunsero una scelta simile, forse ignorando che la loro “guerra per la libertà” finiva per tradursi nella realtà di un conflitto “per il dominio, per il vantaggio economico e politico, per l’egoismo di Imperi e di Nazioni”.
Più prudente, nell’epilogo di questa dolorosa fase, apparve invece l’atteggiamento di Benedetto Croce di fronte alla tragedia nazionale. Nel libro Di Rienzo conferisce giusto rilievo al ruolo di mediazione che il filosofo abruzzese, dalla sua casa-rifugio di Sorrento, riuscì a rivestire nel promuovere una efficace opera diplomatica in grado di garantire all’Italia una via d’uscita dignitosa dalla catastrofe della guerra. Croce tentò di evitare che all’Italia, la sua amata Patria, toccasse alla fine del conflitto un destino particolarmente avverso, pur nella consapevolezza che con la liberazione il Paese sconfitto correva effettivamente il pericolo di avviarsi verso una patente condizione di subalternità al cospetto dei vincitori della guerra.
È interessante notare come le accorate valutazioni del liberale Croce finissero per incrociare le amare considerazioni di Gioacchino Volpe, il maggiore storico italiano del Novecento e autorevolissimo esponente della cultura durante il fascismo, che nelle struggenti Lettere dall’Italia perduta, scritte tra il 1944 e il 1945, prefigurò lucidamente nell’ora più buia per il nostro Paese un dopoguerra di umiliante sottomissione alle potenze emergenti.
Sotto altra bandiera ha in definitiva il merito di offrire una interpretazione originale e penetrante di aspetti peculiari della storia italiana e si profila come una utilissima riflessione intorno a momenti non trascurabili, per molti versi emblematici, dell’annosa e mai risolta questione dell’identità nazionale.
(Pubblicato il 19 ottobre 2023 © «il Centro»)