di Salvatore Bottari
La dimensione simbolica come elemento fondamentale nella comunicazione politica delle società occidentali contemporanee è oggetto d’indagine del denso volume dal titolo Simboli della politica, curato da Francesco Benigno e Luca Scuccimarra e pubblicato per i tipi della casa editrice Viella. Si tratta di otto saggi di autori diversi che mirano a ricostruire storicamente il percorso di alcuni simboli della politica moderna.
Attraverso i simboli si coagulano le identità di gruppo, pertanto questi emblemi, e le narrazioni che li accompagnano, sono utilizzati ampiamente dalla comunicazione politica per captare il consenso. Per dirla altrimenti, la strutturazione simbolica serve a saldare politica e vita ordinaria, giacché la politica, anche nelle società complesse, è percepita dai più come distante dall’esperienza quotidiana. L’analisi storica dei simboli non è semplice giacché persiste una tradizione metastorica, di cui l’esponente più significativo è stato Carl Gustav Jung, che li considera “archetipi”, immagini primordiali autonome, elementi dell’inconscio collettivo. Al contrario, l’indagine storica dimostra – e questo appare il merito principale del libro – che nessun simbolo ha un significato intrinseco, ma viene utilizzato e reinterpretato dai diversi gruppi sociali a secondo degli obiettivi che questi si prefiggono. Ciò appare evidente, ad esempio, nel capovolgimento semiotico dell’immagine di Alberto da Giussano, il leggendario guerriero emblema della battaglia di Legnano che nel 1176 oppose alcuni comuni, coalizzati nella Lega Lombarda, contro l’imperatore del Sacro Romano Impero Germanico Federico Barbarossa. Alberto da Giussano – come documenta Andrea Spiriti nel suo contributo – nell’età risorgimentale era stato uno dei simboli dell’Unità nazionale contro lo straniero; cento anni dopo la Lega Nord lo manipola e lo reinterpreta: il mitico condottiero diviene uno dei simboli della polemica leghista contro lo stato unitario.
Allontanandoci dalle vicende contingenti, ancora più avvincente e articolato è il percorso iconologico della Croce di Lorena, delineato da Eugenio Di Rienzo. Recante una tradizione secolare in cui storia e leggenda si confondono, la croce con doppia traversa diventava nel Quattrocento il simbolo araldico dei duchi d’Angiò, signori di Lorena. Il secolo seguente era adottata dai Guisa, ramo cadetto dei Lorena e principali esponenti del partito cattolico nella Francia delle guerre di religione: la croce a doppio braccio diveniva dunque l’emblema della resistenza cattolica contro la diffusione del calvinismo. La politica dell’Ottocento attribuiva nuovo significato alla croce di Lorena e ne faceva il simbolo dell’indipendenza francese contro lo straniero invasore: era facile proporre l’equazione di una croce di Lorena che nel XIX secolo simboleggiava la patria francese contro i prussiani invasori, come quattro secoli prima era stata il punto di coagulo unitario contro gli inglesi, durante la Guerra dei Cent’anni, e contro i borgognoni di Carlo il Temerario, qualche decennio dopo. Charles De Gaulle ne faceva il simbolo della “France libre et combattante” durante gli anni della seconda guerra mondiale, ma in seguito, come dimostra Di Rienzo, l’immagine degradava a simbolo di parte: mera icona elettorale del gollismo.
Altrettanto significativi sono gli altri studi sui simboli inclusi nello stimolante libro: da quello di Benigno sul berretto della libertà che, di antichissima tradizione, solo in una particolare fase della Rivoluzione francese assumeva una foggia e un colore particolare e diventava il popolare berretto frigio di colore rosso, a quello di Massimo Carlo Giannini sul “biscione” che da emblema dinastico del casato dei Visconti (la vipera) diviene quindi simbolo di milanesità, per poi diventare un marchio commerciale di successo attraverso il riutilizzo che ne fanno l’Alfa Romeo e, successivamente, l’impero mediatico di Silvio Berlusconi.
Liquidato il paradigma di una società politica unidimensionale che interagisce esclusivamente sulla spinta di calcoli di convenienza, riacquisiscono importanza gli elementi irrazionali e manipolativi, i simboli e le costruzioni discorsive capaci di intercettare le pulsioni emotive, innescare i processi identitari, formare l’opinione pubblica. In maniera perspicua e convincente, Simboli della politica ci illustra questo percorso.
(Pubblicato il 28 ottobre 2011- © «Gazzetta del Sud»)