di Stefano Folli
Dopo l’8 settembre 1943 e fino al termine della guerra, con l’Italia divisa in due e campo di battaglia delle forze contrapposte, il corpo diplomatico italiano nel mondo, ovviamente nei paesi dell’Asse o comunque legati all’alleanza italo-tedesca-nipponica, subì ogni sorta di vessazioni e prima ancora di pressioni volte a convincere il personale delle ambasciate e delle sedi consolari a scegliere la Repubblica di Salò e la fedeltà a Mussolini. Quanti invece decisero di mantenersi leali al Re (e dunque alle istituzioni verso le quali avevano prestato giuramento) furono perseguitati con ogni mezzo. Imprigionati, trasferiti nei campi di prigionia, sottoposti a crudeli programmi di “lavoro punitivo”, alcuni non sopravvissero, altri rimasero segnati per sempre. Questa pagina nobile della Resistenza ai nazi-fascisti ad opera dei nostri diplomatici, che così facendo contribuirono a riscattare l’onore d’Italia, è ricostruita da Eugenio Di Rienzo. Noto storico di orientamento liberale, di lui si è già parlato in queste pagine. La sua ultima opera, Un’altra Resistenza. La diplomazia italiana dopo l’8 settembre 1943 (Rubbettino), è interessante perché va a colmare una lacuna. Senza nulla togliere agli studiosi che hanno scandagliato la storia diplomatica, questo volume è originale per la cura del dettaglio con cui ricostruisce, non solo il dramma politico e il collasso di un’era, ma le singole vicende umane: le vicissitudini degli individui sullo sfondo della grande tempesta che tutto travolgeva.
L’eco della guerra civile in Italia rimbalzava fino alle capitali più lontane e si rifletteva, ad esempio, nella fioritura di rappresentanze diplomatiche della Rsi, in conflitto con le sedi ufficiali. Uno scontro il cui esito era già scritto. Molti gli episodi riferiti da Di Rienzo. Uno dei più toccanti riguarda l’ambasciatore a Tokyo, Taliani De Marchio, che aveva vissuto in Russia gli eccessi della rivoluzione e ora si trovava nel cuore orientale della Triplice. Il suo rifiuto di aderire alla “repubblica lacustre” (Salò) gli procura ogni sorta di sofferenze. Alla fine salva la vita e arriva a Roma nell’ottobre `46, accolto da De Gasperi. Il libro è dedicato a Luigi Vittorio Ferraris e Fabio Grassi Orsini, che “seppero coniugare in maniera esemplare la professione del diplomatico al mestiere dell’analista”.
(Pubblicato il 15 dicembre 2024 © «la Repubblica»)