di Giovanni Punzo
Non è certo il giovane Macron ad aver inaugurato le rivalità mediterranee italo francesi. L’esempio della Tunisia di metà Ottocento ‘colonizzata’ dai contadini italiani e da una grossa comunità che li seguì. Più democratico il Bey di Tunisi degli Asburgo, Savoia, Borboni e papato. Arrivò persino Garibaldi, condannato a morte in contumacia dal re di Sardegna per la tentata insurrezione di Genova.
Nel 1881, ‘lo schiaffo di Tunisi’: il governo di Parigi occupò militarmente la Tunisia che divenne un protettorato francese e cominciò la ‘questione’ degli immigrati italiani, ampia maggioranza della popolazione europea in Tunisia. Nella riproduzione d’epoca, lo sbarco delle truppe francesi a Biserta.
La prima metà dell’Ottocento in Europa fu un periodo movimentato, segnato dall’era napoleonica e da diversi altri conflitti. Effetto collaterale fu l’emigrazione, provocata dalle crisi economiche o dalle carestie che si accompagnavano ai rivolgimenti politici o a volte perché le abituali condizioni di vita o di lavoro nella madrepatria non erano più sostenibili. Moltissimi europei attraversarono l’Atlantico per raggiungere l’America del Nord o del Sud, ma numerosi altri attraversarono il Mediterraneo da nord a sud – rotta opposta all’attuale – per raggiungerne la sponda meridionale trasferendosi in Egitto o Tunisia. Esuli italiani cominciarono ad arrivare in piena Restaurazione per il semplice motivo che il bey di Tunisi o il sultano d’Egitto erano comunque preferibili alla polizia austriaca, o a quella borbonica o pontificia. Condannato a morte in contumacia dal re di Sardegna per la tentata insurrezione di Genova, sia pure per poco tempo tra la fine del 1834 e l’inizio del 1835, vi soggiornò anche Giuseppe Garibaldi.
La comunità crebbe, facilitata dalla vicinanza alla penisola e dalla fitta rete di scambi commerciali. Prima del 1840 a Tunisi esistevano già una tipografia e un giornale italiani e negli anni a cavallo dell’Unità, tra il 1860 e il 1870, gli italiani che emigrarono furono almeno diecimila. Pochi, se confrontati con l’attuale migrazione trans-mediterranea, ma per l’epoca si trattava di un numero molto significativo. Le rotte tra Italia e Tunisia divennero ben presto un’opportunità economica anche per le compagnie di navigazione italiane, prima fra tutte la genovese Rubattino. E dopo i medici, gli ingegneri, i commercianti o i costruttori arrivarono dalla Sicilia anche molti contadini: sebbene la vita in Tunisia fosse dura, lo sembrava tuttavia meno in mancanza del latifondo e dei baroni che invece imperversavano sull’isola. Nel 1868 il bey di Tunisi, che formalmente regnava ancora sul paese, sottoscrisse un trattato commerciale per regolare e migliorare con il tempo i rapporti con l’Italia. L’accordo sarebbe dovuto durare ventotto anni, ma la Francia – che era già saldamente insediata nella confinante Algeria e nutriva grandi ambizioni coloniali – si mise di traverso.
Nel 1881 – con quello che fu definito in Italia ‘lo schiaffo di Tunisi’ – il governo di Parigi occupò militarmente la Tunisia che divenne un protettorato francese e cominciò la ‘questione’ degli immigrati italiani. Il nodo principale era infatti costituito dalla cittadinanza degli appartenenti alla comunità: non si trattava di tunisini, ma nemmeno di cittadini francesi e ciò limitava in vari modi tutte le loro precedenti attività influendo sul futuro. Per tacitare la vicenda e trovare una soluzione rapida fu allora deciso di ‘offrire’ la cittadinanza francese anche agli italiani e numerosi accettarono. Si creò tuttavia una situazione paradossale che sarebbe durata fino agli anni Trenta del Novecento: sia che avessero documenti francesi o italiani, il numero complessivo degli italiani in Tunisia fu sempre superiore a quello dei coloni francesi. Quando infine la Tunisia si scosse dal dominio francese nel 1964 e Habib Bourguiba nazionalizzò le proprietà degli stranieri, e gli italiani ‘francesizzati’ dovettero abbandonare il paese come i francesi dell’Algeria.
Inoltre, anche sul piano internazionale, l’operazione produsse delle conseguenze. L’Italia si trovò isolata e senza alleanze, mentre Francia e Inghilterra confermarono il loro ruolo di potenze coloniali e poco dopo la Gran Bretagna occupò l’Egitto dando vita a quello che fu definito in seguito ‘il condominio’ anglo-egiziano in un paese formalmente ancora sottoposto all’impero ottomano. Anche Bismarck però – ritenuto non a torto uno dei segreti ispiratori della manovra – ottenne un triplice successo: allontanò la pressione francese dai confini della Germania, scavò un fossato di diffidenza reciproca tra Francia e Italia che sarebbe durato decenni e l’anno dopo si assicurò l’alleanza con l’Italia e l’Austria che sarebbe conclusa solo nel 1914. Più che uno schiaffo, fu insomma un grosso e inatteso manrovescio.
(Pubblicato il 29 luglio 2017 – © «Remo Contro» – C’era una volta…)