di Luigi Morrone
Negli ultimi anni, si è assistito ad un risveglio dell’interesse degli storici per la figura di Napoleone III. In Francia, da segnalare Pierre Milza, Napoléon III, Paris, Perrin, 2004; Jean-Claude Yon, Le Second Empire. Politique, société, culture, Paris, Armand Colin, 2004; Jean Sagnes, Napoléon III. Le parcours d’un saint-simonien, Paris, Singulières Éd., 2007; Éric Anceau, Napoléon III, Paris, Tallandier, 2008; Lucien Boia, Napoléon III, le mal-aimé, Paris, Les Belles Lettres, 2008; Christian Estrosi, Raoul Mille, Le Roman de Napoléon III, Monaco, Éd. du Rocher, 2010; Alain Frerejean, Napoléon III (Biographies Historiques) Paris Fayard 2017; in Italia, da segnalare Franco Cardini, Napoleone III, Palermo, Sellerio 2010 e – soprattutto – Eugenio Di Rienzo, Napoleone III, Roma, Salerno Ed., 2010.
In questo «risveglio d’interesse» s’inquadra questa iniziativa editoriale dell’editrice Goware, che ripropone il pamphlet (oggi si direbbe “instant book”) Napoléon le petit (Napoleone il piccolo), scritto da Victor Hugo nel 1852, all’indomani del colpo di Stato del 2 dicembre 1851 con il quale Carlo Luigi Bonaparte assunse pieni poteri. Il “colpo di Stato” venne subito paragonato a quello del 18 brumaio (9 novembre 1799), in seguito al quale si pose fine al Direttorio ed assunse i poteri un Consolato di cui faceva parte Napoleone Bonaparte, primo “gradino” verso il primo Impero. Engels, in una lettera a Marx immediatamente successiva al colpo di Stato, dice che la storia si stava ripetendo sotto forma di “farsa pidocchiosa”. Lo stesso Marx riprende l’espressione di Engels nel pamphlet “Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte”. Ed è in questo clima che Hugo, tra gli oppositori del colpo di Stato, costretto all’esilio in Belgio, scrive questo pamphlet che già dal titolo “Napoleone il Piccolo”, dà l’idea del pensiero dell’autore, che – paragonando Luigi Bonaparte ai grandi tiranni nel passato – scrive: “Il signor Bonaparte non ha tale statura. Non possiede quella dignità, che, nei grandi despoti d’oriente e d’occidente, va unita alla ferocia. Gli manca la magnificenza cesarea. Per avere un bel contegno e un aspetto conveniente in mezzo a tutti gli illustri carnefici che da quattro mila anni torturarono l’umanità, il giudizio non deve esitare fra un generale di divisione e un suonatore di gran cassa dei Campi Elisi”.
La “cattiva stampa” di Napoleone III continuerà ancora, tanto che nel 1972, alla vigilia del centenario della morte, Jeanne Henri-Pajot intitolava una sua biografia “Napoléon III L’empereur calomnié” nel dichiarato intento di “riabilitarne” la figura.
Il pamphlet di Hugo in questa edizione è preceduto da un saggio di Eugenio Di Rienzo, già autore della poderosa biografia di Napoleone III sopra ricordata. Lo studio è dedicato proprio al colpo di Stato del 1851, di cui ricostruisce le varie fasi, precedute dai tentativi di far approvare dall’Assemblea il ripristino del suffragio universale maschile che avrebbe attribuito a Bonaparte una maggioranza schiacciante. Di Rienzo sottolinea – innanzitutto – che il coup d’État era in pectore già dalle elezioni presidenziali del 1848, propone la cronologia degli eventi del dicembre 1851, con il “popolo” che si schiera con i “golpisti”, contro quelli che avevano eretto le barricate contro i bonapartisti, evidenzia come la tecnica utilizzata dai “golpisti” anticipa quelle che saranno utilizzate nel XX secolo (Trotsky, Piłsudski, Primo de Rivera, Mussolini,), propone un’antologia circa la posizione degli analisti sull’evento, e conclude sulla necessità di quel coup de force che evitava alla Francia un probabile “bagno di sangue”. Il saggio di Eugenio Di Rienzo, di estremo rigore scientifico, ma scritto con la prosa avvincente di un thriller, vale ampiamente il prezzo del libro
In appendice, la casa editrice ripropone alcuni pezzi “datati”.
Un saggio di Umberto Eco sulla narrativa di Hugo, definito “maestro dell’eccesso”, ne analizza il successo letterario, e lo inserisce negli autori che hanno utilizzato la “lista”, cioè quelle pagine che, con un’avvertenza, il lettore sa che può saltare (il catalogo delle navi nell’Iliade, l’elenco delle “grida” contro i bravi nei Promessi Sposi), ma che l’autore scrive lo stesso, come fa Hugo in “Quatrevingt-treize” quando parla della Convenzione.
Di poi, uno scritto di Benedetto Croce sul colpo di Stato del 1851, tratto dalla Storia d’Europa del 1932. Il filosofo abruzzese, pur ponendosi nella falsariga di Hugo circa il carattere “tirannico” del colpo di stato, pur deplorando le “conversioni al servilismo” dei “sinceri democratici”, riconosce che il Secondo Impero non fu restaurazione di una vecchia monarchia assoluta e che – comunque – il colpo di stato evitò una situazione di caos che si sarebbe creata.
Infine, il saggio introduttivo di Cesare Spellanzon alla prima edizione italiana (Feltrinelli 1957) di “Napoleone il piccolo”, anche questo dedicato al colpo di stato del 1851, e dei suoi prodromi. Il saggio ripropone in toto tutta le letture negative del personaggio di Luigi Bonaparte. Emblematica la conclusione del saggio: “Ma, nato con la frode e con la violenza, l’impero del terzo Napoleone era destinato a finire tra i lutti e nella umiliazione della disfatta del 1870, – con che la némesi della storia s’era fatalmente compiuta”.
(Pubblicato il 15 agosto 2017 – © «Quotidiano della Calabria»)