di Giovanni Cerchia
Il documento recentemente concepito e fatto circolare dalle società scientifiche del settore storico SISMED, SISEM, SISSCO, SIS, SISI, CUSGR (https://www.roars.it/online/accreditamento-dottorati-graziosi-scaricato-dalla-sissco-e-dal-coordinamento-delle-societa-degli-storici/) mi è sembrato quanto mai opportuno e tempestivo. L’ennesimo intervento ministeriale sui dottorati di ricerca, infatti, accentua una preoccupante tendenza in atto da tempo nel mondo accademico, anche per le complici disattenzioni e le sottovalutazioni di tanti noi.
Il dis-investimento dal sistema universitario pubblico — 2008 al 2016 il Fondo di Finanziamento Ordinario è passato in termini meramente nominali da 7 miliardi e 193 milioni di euro a 6 miliardi e 921 milioni di euro — è stato accompagnato da un massiccio spostamento delle sempre più scarse risorse in favore di discipline circoscritte e territori ancora più circoscritti baciati dalla sorte. Una sottrazione quantitativa, insomma, coronata da una trasformazione radicale e profonda della qualità del sistema che, peraltro, ha innescato una competizione governata da criteri e meccanismi non sempre chiari (per usare un eufemismo) e — soprattutto — mai comunicati a tempo debito.
L’inasprimento dei criteri di valutazione del collegio dei docenti al quale si fa riferimento nel documento in oggetto ne rappresenta un esempio eclatante, laddove all’oscurità burocratica — consiglio a tutti l’amena lettura del «requisito A4 Qualificazione del collegio dei docenti», tratto dalle «Linee guida per l’accreditamento dei corsi di dottorato delle Università», adottate con nota del Ministro del 14 aprile 2017 — si coniuga un uso improprio di griglie valutative (che già sarebbe tanto se riuscissero almeno a fare il loro mestiere), oltre che dei cosiddetti ranghi delle riviste. Il risultato finale è un’ossessiva burocratizzazione spacciata per valutazione, con una sperequazione ulteriore delle risorse e, in conclusione, una surrettizia traslazione dell’uso della VQR dalla ricognizione delle strutture a quella delle attività dei singoli ricercatori.
Non basterà un documento come quello delle società storiche per cambiare tutto ciò, ma rappresenta comunque una coraggiosa presa di posizione che merita d’essere incoraggiata e sostenuta.
(Pubblicato il 21 giugno 2017 – © «Blog: A futura memoria»)