di Aurelio Musi
Il concetto di “Controrinascimento” fu proposto in un ponderoso studio pubblicato nel 1950 da Hiram Haydn. Esso era collocato al centro di una periodizzazione compresa tra l’8 aprile 1341, alloro al Petrarca, e il 9 aprile 1626, morte di Bacone: un periodo tra i più complessi della storia intellettuale d’Inghilterra, Francia, Italia e Germania. Un “lungo Rinascimento”, dunque, articolato in tre fasi. La prima era per Haydn quella del Rinascimento classico e umanistico; la seconda, il Controrinascimento appunto, caratterizzata dal “ripudio della tradizionale esaltazione della ragione” contro gli Scolastici e la retta ragione degli umanisti, con protagonisti Erasmo, Lutero, Calvino, Machiavelli, Montaigne, scienziati uniti in una comune “rivoluzione ideologica”, alla ricerca delle verità, non della verità, con gli “enigmatici elisabettiani” in prima linea, tutti partecipi di quelle tensioni eversive che avrebbero gettato le basi della terza fase, la rivoluzione scientifica con Bacone, Galilei, Cartesio.
Nel 2023 ho pubblicato il volume Malinconia barocca. In esso ho cercato di approfondire le fattispecie di questa condizione raccontando alcune storie di malinconici, pienamente inseriti nel clima della cultura barocca: dall’autore della grande summa, Anatomy of Melancholy, Robert Burton, ideale iniziatore della nuova visione psicologica alquanto distante dalla classica teoria degli umori; per poi passare a Cervantes, Cartesio, Spinoza, La Rochefaucauld, donne artiste come Artemisia Gentileschi e monache vissute nel chiuso dei conventi e concludere con la dimensione malinconica della politica.
L’utilizzazione del concetto di “Controrinascimento”, nel senso indicato da Haydn, mi appare ora la più adeguata per indagare la genesi di quella profonda trasformazione della natura della malinconia che entra prepotentemente nella cultura e nel vissuto del Barocco e che forma, insieme con altre, le radici della nostra modernità.
Seguendo la linea tracciata da Haydn, è possibile allora ricostruire una variabile del Controrinascimento sub specie malinconica, per così dire, rileggendo biografie ed opere di alcuni degli stessi protagonisti esaminati da Haydn: Erasmo e Lutero; Marsilio Ficino e Albrecht Dürer, oscillanti fra teoria umorale e malinconia geniale, con la loro intensa vita psichica che sa reagire alla depressione, secondo la lettura di Panofsky e Saxl; Montaigne, “l’anima senza fissa dimora” nell’autunno del Rinascimento tra scetticismo della ragione e guerre civili in Francia; le vite tormentate di Giordano Bruno, Torquato Tasso, Tommaso Campanella; i malinconici musici madrigalisti. Incontriamo poi le tante facce dell’umore malinconico a fine Cinquecento e primi anni del Seicento: demoni, streghe, i labili confini tra ragione e sragione; la “malattia inglese” e il “malinconico malcontento” di Shakespeare; la malinconia come potenziale distruttivo, demone della sedizione, e strumento di
dissimulazione; Edmund in Re Lear e Riccardo di York in Enrico IV. Il piano della realtà e quello della finzione si mescolano attraverso il mascheramento nel “malinconico malcontento”, il “furore eroico” e il dominio razionale dell’immaginazione in Bruno, la “malinconia pura” e lo spirito profetico in Campanella.
La vicenda qui raccontata si chiude con Francesco Bacone e il suo disincanto del mondo, aperto ormai sullo scenario barocco.
(Pubblicato il 3 ottobre 2024 © «Corriere della Sera» – La nostra storia)