di Pierluigi Sabatti
Immaginate al centro dell’Europa un grande stato, comprendente Austria, Cechia, Slovacchia, Ungheria, parte dell’Ucraina, Slovenia, Croazia, costa nord-adriatica. Insomma, con qualche modifica, quello che era l’Impero austro-ungarico, però “irrobustito, riformato, prima potenza continentale democratica e plurietnica”. Un grande stato mitteleuropeo, garanzia di stabilità, invece di una serie di stati grandi e piccoli, spesso conflittuali.
Fantapolitica? Sogni di un nostalgico della Duplice Monarchia? Tutt’altro: una seria e documentata riflessione sull’ultimo periodo della Grande Guerra, quando non era stata ancora decisa la dissoluzione dell’Impero asburgico; nei mesi tra l’autunno 1917 e l’aprile 1918 era stata infatti avviata una trattativa per salvarlo.
Lo rivela la storica triestina Marina Cattaruzza, professore emerito all’università di Berna, nel saggio “Quel giorno a Ginevra: le occasioni mancate della monarchia asburgica 1917-1918” pubblicato sull’ultimo numero della Nuova Rivista Storica. Un periodo trascurato da molti storici quello che Cattaruzza riporta alla luce grazie agli archivi tedeschi, austriaci, inglesi e vaticani e a una recente “formidabile monografia” (parole dell’autrice) di Georg Stacher: Österreich-Ungarn, Deutschland und der Friede. Oktober 1916 bis November 1918.
Un protagonista di questa vicenda è il generale sudafricano Jan Smuts (di cui ho riportato in apertura tra virgolette un punto della proposta), formidabile personaggio, patriota afrikaner, di padre olandese e madre francese ugonotta, si distingue negli studi, apprendendo parecchie lingue tra cui il tedesco e facendosi onore a Cambridge. Quando scoppia la prima guerra mondiale propone immediatamente un’assistenza militare al Regno Unito sfidando i furori dei nazionalisti afrikaner. Combatte i tedeschi in Africa e nel 1917 capeggia la delegazione sudafricana nel Regno Unito, entrando nel gabinetto di guerra del premier David Lloyd George, che gli affida un incarico delicatissimo: trattare con l’inviato austriaco conte Albert Mensdorff, una pace separata.
I Paesi dell’Intesa (Gran Bretagna, Francia, Italia, Serbia e Impero Russo) sono in difficoltà: l’esercito degli zar è in piena crisi, tanto che i bolscevichi, arrivati al potere, firmeranno il 3 marzo ’18 la pace di Brest-Litovsk; l’Italia è in ginocchio dopo la disfatta di Caporetto tra fine ottobre e inizi novembre ’17. E Lloyd George decide che bisogna trattare con l’Austria-Ungheria, se non si vuole subire la sconfitta. “Per evitare le obiezioni del Foreign Office, da sempre contrario ad abboccamenti con rappresentanti di potenze nemiche, i colloqui furono preparati in gran segreto, non senza finte e manovre diversive, da parte britannica”, rileva Cattaruzza.
Lloyd George agisce anche dopo un colloquio privato con Francesco Saverio Nitti, ministro del Tesoro del governo Orlando, il quale ” affermava che data la disgraziata situazione militare del paese, l’Italia si sarebbe accontentata di promesse austriache sulla tutela dell’identità culturale dei suoi sudditi italiani! Ossia, un ministro italiano affermava di essere disposto ad accontentarsi di meno di ciò che la Gran Bretagna considerava il minimo per indurre l’Italia alla pace separata, cioè il Trentino fino al confine linguistico”.
Il 18 dicembre 1917 a Ginevra finalmente l’incontro tra i due emissari. Però i primi passi avvengono nel segno di un equivoco destinato a rivelarsi insormontabile. Mensdorff si siede al tavolo con intenti del tutto diversi da chi gli sta di fronte. L’Inghilterra voleva rompere l’asse degli imperi centrali , togliendo dai campi di battaglia gli eserciti di Vienna e isolando la Germania. Per Vienna, invece, l’obiettivo più importante era quello di pervenire a colloqui di pace diretti tra rappresentanti tedeschi e britannici, con l’intermediazione dell’Austria.
A complicare le cose ci si era messo pure l’imperatore Carlo I, succeduto a Francesco Giuseppe, che, per dirla semplice, aveva avviato una trattativa personale con il presidente francese Poincaré, senza avvisare il proprio governo. Una gaffe, resa pubblica dai francesi , che il ministro degli Esteri austriaco Czernin riesce a fatica a rimediare. Un incontro a Spa tra Carlo I e il kaiser Guglielmo ricuce l’alleanza. La guerra continua, ma l’arrivo degli americani risolleva le sorti dell’Intesa, gli imperi centrali vengono sconfitti e la Duplice Monarchia si dissolve.
Se la trattativa fosse andata in porto, cosa ci saremmo risparmiati? Un anno di guerra e il devastante dopoguerra che partorì il fascismo e il nazismo e i milioni di morti che generarono.
Ecco la riflessione che questo accurato, ricco, curioso e stimolante saggio suggerisce. Qualche volta può essere utile rileggere la storia concedendosi qualche se…
Forse non ci sarebbe neanche la guerra che oggi devasta l’Ucraina.
L’autriceNei suoi saggi l’esodo, la Shoah, Norimberga |
La rivistaQuadrimestrale di approfondimento |
(Pubblicato il 26 settembre 2023 © «Il Piccolo»)