di Luigi Morrone
Plutarco, nel narrare le “vite parallele” di Alcibiade e Coriolano, affronta il problema delle motivazioni che possono spingere una persona a portare le armi contro la propria Patria. Motivazioni che possono essere le più svariate, e ricorreranno più volte nella Storia.
Nella Seconda guerra mondiale, fortemente ideologizzata, il fenomeno fu massiccio. È ben noto il fenomeno dei “governi collaborazionisti” (Pétain in Francia, Quisling in Norvegia, Tiso in Slovacchia, Tsolakoglu in Grecia, Jingwei in Cina), così come sono noti coloro che combatterono nelle forze dell’Asse in Belgio, Ucraina, negli Stati Baltici.
Meno noto il fenomeno degli italiani che portarono le armi contro la propria Patria in ragione della loro avversione al regime fascista.
La desecretazione di alcuni documenti custoditi negli archivi Nazionali di Londra dà l’estro ad Eugenio di Rienzo di scandagliare l’operato e le motivazioni degli italiani che si arruolarono nelle file dello Special Operations Executive «ritenendo che la lotta contro il Moloch del nazifascismo, «guerra santa», e non «guerra di Stati e di popoli», ingaggiata per annientare il «male assoluto» e tutelare i diritti dell’umanità tutta intera, aboliva ogni gretto, ristretto, egoistico sentimento di appartenenza nazionale».
In Sotto Altra Bandiera – antifascisti italiani al servizio di Churchill (Neri Pozza) il direttore di Nuova Rivista Storica ricostruisce minuziosamente, con l’acribia nell’analisi che gli è propria, gli eventi che portarono gente come Aldo Garosci, Emilio Lussu, Alberto Tarchiani, Max Salvadori, Leo Valiani a militare “sotto altra bandiera” portando le armi contro la propria Patria al servizio di chi – viceversa – aveva come supremo motto «My Country, Right or Wrong!» (giusta o sbagliata, è la mia Patria).
Di Rienzo esamina acutamente ed approfonditamente le lacerazioni che tale scelta provocò nell’animo di chi la fece (e non può non ritornare in mente il genio di Shakespeare nello scandagliare l’animo di Coriolano di fronte a Veturia e Volumnia), ma ricorda anche come ci fu chi, pur antifascista, scelse di stare – comunque – con la propria Patria, «anche se seduta dalla parte sbagliata del tavolo», come Benedetto Croce, la cui posizione sul punto era stata già esaminata da Di Rienzo nella sua biografia degli “anni dello scontento”, in cui riferisce che, dopo la battaglia di Punta Stilo, il filosofo abruzzese avrebbe rivelato all’agitatore antifascista Alfredo Parente: «M’importa un bel niente del fascismo; sono italiano e desidero che gli italiani facciano fronte agli inglesi».
Le contrapposte Weltanshauungen che sottendono le diverse scelte hanno radici antiche, nel relativismo di Protagora l’una e nel forte identitarismo di Platone l’altra, ma è indubbia la derivazione illuministica della decisione di contrapporsi per ragioni “ideologiche” alla propria Patria.
Così, il grande musicologo Massimo Mila: «La gigantesca guerra che oggi si combatte nel mondo non è una guerra di Nazioni, non è la guerra dell’Inghilterra, dell’America, della Russia e della Cina, contro la Germania, il Giappone e l’Italia, tanto è vero che frazioni di italiani, di cinesi, di francesi e di russi combattono nell’uno e nell’altro campo. Questa è una guerra, come si dice, di religione, una guerra nella quale si trovano contrapposti due modi di concepire la vita dell’uomo e la natura dello Stato».
E, sull’aire di questo convincimento, fallito, con la vittoria del Caudillo, il “sogno” di Carlo Rosselli, di far partire dalla Spagna il rovesciamento del regime, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, gli antifascisti risposero all’appello dei servizi segreti britannici per arruolarsi “sotto altra bandiera”. Emilio Lussu, Alberto Tarchiani, Max Salvadori, Aldo Garosci, Leo Valiani, tutti, salvo Tarchiani, reduci dalla Guerra di Spagna, entrarono nelle fila dello Special Operations Executive (Soe), poi ribattezzato Churchill’s Secret Army.
Il libro analizza le singole esperienze degli arruolati da Churchill, e la disillusione di chi, come il fiumano Leo Valiani, sperava che quella scelta (e la guerra civile conseguente all’8 settembre 1943) avrebbe mitigato il comportamento delle potenze vincitrici nei confronti dell’Italia.
Nel volume trova spazio anche l’analisi delle motivazioni che portarono all’esecuzione senza processo di Benito Mussolini. Esigenza dei partigiani di condurre da sé l’operazione? Esigenza di evitare un interrogatorio di Mussolini che avrebbe portato alla luce legami sotterranei del Regime?
Forse tutte queste cose assieme.
Il libro, pur nella a volte pignola analisi delle fonti, si legge tutto d’un fiato per la scorrevolezza del testo e non è, dunque, limitato alla fruibilità di un pubblico di specialisti.
(Pubblicato il 30 luglio 2023 © «Quotidiano della Calabria»)