di Ugo Cundari
Da eroe per una settimana a sinonimo di capopopolo ammuinatore, dal Seicento ad oggi la figura di Masaniello è passata da un estremo all’altro. Da personaggio storico è diventato mito, interpretato, rappresentato e invocato a seconda delle esigenze, «fino a diventare il napoletano-tipo nella sua accezione dispregiativa» scrive Aurelio Musi in un saggio in uscita in questi giorni per Rubbettino (pagine 156, € 14,00), nella nuova collana “Dritto/Rovescio” diretta da Eugenio Di Rienzo che ha per titolo Masaniello. Il “masaniellismo” e la degradazione del mito. Un libro ironico e provocatore sul famoso pescivendolo napoletano, un radar in grado di rilevare nei leader di ieri e di oggi tracce di masaniellismo, che diventa una categoria politica. Musi, ordinario di Storia moderna, dopo aver insegnato a lungo in Sud America oggi è all’università di Salerno.
Professore Musi, che cos’è il masaniellismo?
«La tendenza a svolgere funzione di caporione aggregando più settori, popolo, popolino e popolaccio, ma senza un obiettivo politico preciso. Tutti insieme non per un progetto comune a lungo termine ma per far risaltare i bersagli più semplici e immediati».
Quanto masaniellismo c’è nei politici di oggi?
«De Magistris è il Masaniello napoletano per eccellenza, del masaniellismo ha una serie di caratteri meglio spiccati, sia per i contenuti del suo atteggiamento e del modo di affrontare i problemi, sia nelle forme della comunicazione. È masaniellistico nel linguaggio, quando incita al “facimm’ ammuina” e allo “scassare”. E poi riesce, come il nostro pescivendolo, a unire tutto e il contrario di tutto: popolo basso, centri sociali, micro abusivismo dei baretti, movimenti neoborbonici. Il che può anche essere una virtù.
Altri masanielli politici?
«Il governatore De Luca, per il grado di sbruffoneria masaniellistica, per l’arroganza nei modi della comunicazione. Il fenomeno del masaniellismo in politica ha una storia lunga, non inizia oggi».
Quando?
«Con il laurismo, passa poi per sindaci di Napoli come Valenzi e Bassolino. In ognuno, in gradi diversi, c’è la tendenza a personalizzare fortemente la politica, a creare un rapporto diretto con il popolo con la conseguente netta svalutazione della mediazione istituzionale. Masaniello, umile e arrogante al tempo stesso, ai tempi della cosiddetta Prima Repubblica fu persino associato al nome di un potente ministro come Paolo Cirino Pomicino».
Il masaniellismo è caratteristica solo napoletana?
«No, lo vediamo oggi in tanti capipopolo masaniellisti che si aggirano per l’Italia e per l’Europa. A Napoli, e nel Mezzogiorno, raggiunge le vette più alte per la tendenza storica del nostri territori a ridurre fortemente il valore e il significato delle istituzioni e a proiettare il rapporto tra cittadino e politica nel capo del momento».
Chi è il Masaniello più recente della politica italiana?
«Salvini, talmente recente che non ho fatto in tempo a inserirlo nel mio libro».
Se Salvini sapesse di somigliare a un pescivendolo napoletano…
«Però rispetto ai colleghi della sua categoria è intelligente. Raggiunge vette di potenza comunicativa di gran lunga superiori agli altri. L’efficacia di Salvini che stiamo verificando di recente si spiega anche perché ha potuto far leva su una carenza di mediazioni politico-istituzionali che finirà per pesare sempre di più. Oggi è Salvini ad aver occupato il vuoto, domani chissà».
Cosa hanno in comune masaniellismo, populismo e neoborbonismo?
«La forte contrapposizione tra élite e popolo».
Masaniello è stato solo un mito negativo?
«Oggi prevale come stereotipo negativo, perciò parlo di degradazione del mito. Nel corso dei secoli c’è stata anche una sua visione positiva. A Masaniello si sono interessate l’arte, la letteratura, il teatro, la musica. In Masaniello si sono identificati grandi personaggi storici come il leader della rivoluzione inglese Oliver Cromwell, il filosofo Baruch Spinoza e uno dei protagonisti della Rivoluzione francese come Jean Paul Marat».
Masaniellista può essere solo un politico?
«No, io faccio l’esempio di Austino ‘o pazzo. Il Masaniello degli anni Settanta. Anche lui attento a come comunicare il suo personaggio, si fece rappresentante della protesta popolare in sella alla sua moto truccata».
(Pubblicato il 9 giugno 2019 © « Il Mattino»)