In un’intervista del 2006, a cura di Stefano Montefiori, che viene riproposta oggi, in occasione del primo si del Parlamento francese alla legge sul genocidio armeno, lo storico sosteneva: «La tirannide della memoria provoca in Francia l’approvazione continua di norme. Apparato opprimente».
Lo storico Pierre Nora e la memoria. «Memoria e storia non sono affatto sinonimi, tutto le oppone. La memoria è sempre in evoluzione, soggetta a tutte le utilizzazioni e manipolazioni; la storia è la ricostruzione, sempre problematica e incompleta, di ciò che non c’è più. Carica di sentimenti e di magia, la memoria si nutre di ricordi sfumati; la storia, in quanto operazione intellettuale e laicizzante, richiede analisi e discorso critico. La memoria colloca il ricordo nell’ambito del sacro, la storia lo stana e lo rende prosaico». Nora, 75 anni, accademico di Francia e direttore per Gallimard della monumentale opera Luoghi della memoria, affronta a Milano il tema della «Memoria della Modernità» attraverso testi di Baudelaire, Marx e Morin da lui scelti, nel primo dei cinque incontri su «L’intelligenza e la fantasia: pagine dell’anima europea».
Nei giorni in cui il «ruolo positivo» della colonizzazione francese viene stabilito per legge, il presidente iraniano Ahmadinejad nega l’Olocausto, i francesi di origine africana reclamano il riconoscimento dei torti subiti in epoca schiavista e l’anniversario della battaglia napoleonica di Austerlitz trascorre in un imbarazzato silenzio ufficiale, la memoria invade continuamente il campo della politica, e della storia. «Siamo sottoposti alla dittatura, alla tirannide della memoria che domina il mondo contemporaneo, tanto da provocare, in Francia, l’approvazione continua di norme che ormai costituiscono un gigantesco e opprimente apparato legislativo. Il mio mestiere è imbrigliato dalle leggi sulla memoria. Eppure non spetta al giudice o al legislatore scrivere la storia», dice Nora.
Il 12 dicembre scorso lo storico si è fatto promotore dell’«appello dei 19» (fra cui Jacques Le Goff, Emmanuel Le Roy Ladurie, Max Gallo) contro le disposizioni «indegne di un regime democratico»: dalla legge Gayssot sulla negazione dei crimini contro l’umanità (la prima norma sulla memoria, approvata nel 1990) a quella del 23 febbraio 2005 che all’articolo 4 riconosce il «ruolo positivo» della colonizzazione. Dopo mesi di polemiche e l’intervento del presidente Chirac, quell’articolo è stato abrogato, ma ora una nuova battaglia attende Nora. «Il 18 maggio prossimo l’Assemblea nazionale discuterà la proposta di legge, presentata dai socialisti, che punisce penalmente la negazione del genocidio armeno. È l’ennesimo caso di manipolazione della memoria a fini politici, per uno scopo elettorale: i cittadini di origine armena in Francia sono tre milioni, la campagna per le presidenziali del 2007 è ormai in pieno svolgimento e i politici non esitano a sfruttare il desiderio delle diverse comunità che compongono la società francese di fare un santuario del loro passato».
La Francia riconosce ufficialmente il genocidio degli armeni del 1915, tuttora altrettanto ufficialmente negato dalla Turchia, con la legge del 29 gennaio 2001. Il 24 aprile scorso duemila persone erano presenti a Lione all’inaugurazione del primo memoriale dedicato a quella tragedia: 36 stele di pietra bianca che sorgono dall’asfalto nel pieno centro della città. Se verrà approvata la legge fortemente voluta dal segretario socialista François Hollande, chi nega il genocidio armeno rischierà fino a cinque anni di carcere e una multa di 45 mila euro. «È giusto commemorare, manifestare, ricordare – dice Nora – ma fissare per legge i confini entro i quali può essere condotta la ricerca storica è un’aberrazione». Il rischio però è lasciare campo libero agli Irving o agli Ahmadinejad, che sulla negazione della memoria, o meglio della storia, costruiscono teorie al servizio dell’odio. «La mia condanna verso queste degenerazioni è totale. La prima legge sulla memoria, la Gayssot, venne in effetti approvata in tempi in cui Le Pen parlava di “camere a gas dettaglio della storia” e Robert Faurisson contestava la Shoah.
C’era un clima preoccupante, la sensazione che fosse urgente prendere provvedimenti. Ne è seguita però una pletora di norme che frenano la libertà di ricerca. Dobbiamo tornare a distinguere tra memoria e storia, senza paura di cadere nel campo dei pazzi negazionisti». Nei mesi scorsi Nora si è impegnato sia in difesa della memoria, contestando la mancata celebrazione di Austerlitz – «un imbarazzo da complesso di colpa post-coloniale che ci ha precipitati nel ridicolo» -, sia in difesa della «libertà di storia»: Olivier Pétré-Grenouilleau, autore di Traites négrières, edito nella collana diretta da Nora, è stato denunciato da un collettivo delle Antille francesi per «negazione dello schiavismo». «Pétré-Grenouilleau ha subito ogni genere di pressioni e minacce, ma abbiamo resistito e alla fine la denuncia nel febbraio scorso è stata ritirata», conclude Nora. «Da vecchio militante per l’indipendenza dell’Algeria non ho conti in sospeso con il passato coloniale della Francia. Rispetto le sofferenze e la memoria, e continuo la mia ricerca storica».
(Pubblicato il 22 dicembre 2011- © «Il Corriere della Sera»)