Amplificando e oltrepassando le scarne indicazioni contenute nel Decreto del 7 giugno 2016 (5 righe), “recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale”, l’Anvur ha pubblicato, il 28 luglio seguente, un complesso Regolamento (10 pagine) “per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche”, che desta in noi forte perplessità e grande preoccupazione.
Il Regolamento dispone che:
Lasciamo, momentaneamente da parte il punto primo, limitandoci a far notare che solo pochissime riviste europee di scienze umane (italiane, spagnole, tedesche) sono indicizzate in SCOPUS o WOS. Quelle che lo sono, come “Nuova Rivista Storica”, debbono il loro inserimento certo al loro attuale valore scientifico ma anche alla loro lunga o lunghissima presenza nel panorama internazionale degli studi. Wos o Scopus, per loro natura, di fatto concentrano la loro attenzione su periodici redatti in lingua inglese. Perché, allora, per correggere questa stortura, l’Anvur, non ha previsto, come criterio di valutazione paritetico, anche l’inserimento di una rivista in una banca dati di taglio europeo come l’Erih (European Research Index for the Humanities), attenta a indicizzare, se meritevoli, riviste pubblicate nelle maggiori lingue di cultura dell’Unione Europea? Non sarebbe, infatti, precipuo dovere di un’Agenzia di valutazione europea, come l’ANVUR, utilizzare un’agenzia di rating, emanazione delle istituzioni comunitarie, nata senza scopi di lucro piuttosto che agenzie private di natura commerciale (come appunto Wos o Scopus)?
Concentriamoci, invece, sull’utilizzazione dei risultati della VQR per la classificazione delle riviste. Questo ci pare illegittimo sul piano della forma e irragionevole su quello della sostanza. Se, infatti, è indebito utilizzare la VQR per finalità che oltrepassino i suoi obiettivi originari e cioè “la valutazione dei risultati della ricerca scientifica effettuata in un periodo determinato dalle Università Statali e non Statali, dagli Enti di Ricerca pubblici vigilati dal MIUR”, la pretesa di valutare l’eccellenza di una rivista sulla base del numero e delle qualità degli articoli presentati nelle tornate della VQR è non solo illecita e incoerente ma ci pare corrispondere a una visione accademico-corporativa e italo-centrica dell’attività di un periodico scientifico.
Come sappiamo, gli unici soggetti titolati a “sottomettere” (per usare il “dolce stil novo” dell’Anvur), i propri lavori alla VQR sono i ricercatori strutturati nell’Università e in altri Enti di ricerca (provvisti, se non erriamo, dell’anzianità di un triennio). Una rivista scientifica di buon livello ha e deve necessariamente avere, però, nella platea dei suoi autori altri soggetti che qui proviamo elencare:
a) Docenti fuori ruolo.
b) Studiosi attivi in Università e Enti di ricerca stranieri (e a questo proposito è opportuno ricordare che lo stesso Regolamento dell’Anvur prescrive, all’art. 14, tra i requisiti necessari per l’inserimento di una rivista in Fascia A: “la presenza continua e significativa di contributi di autori stranieri o operanti stabilmente all’estero; la presenza continua e significativa di contributi in lingua estera”).
c) Studiosi incardinati in altro ramo dell’amministrazione: archivisti-bibliotecari; membri del corpo diplomatico, sopraintendenti del Ministero dei beni e delle attività culturali, ricercatori afferenti agli archivi del Ministero degli Affari Esteri o attivi negli Uffici storici delle Forze Armate o di altre istituzioni pubbliche.
d) Dottorati, assegnisti di ricerca, contrattisti, ecc. Insomma il troppo numeroso stuolo dei nostri colleghi “più giovani” (ma ricordiamo che ormai la loro età può toccare anche il quarantennio), dotati in molti casi d’indiscutibile e conclamata maturità scientifica, riconosciuta a livello nazionale e internazionale, ai quali solo la ristrettezza delle risorse finanziarie allocate da questo e dai precedenti governi al mondo dell’Università e della ricerca ha finora impedito di entrare nel ruolo.
e) Ricercatori indipendenti, infine, perché è opportuno ricordare che nessuno, né tantomeno l’ANVUR, è legittimato a escludere a priori questi dal novero degli studiosi, violando il dettato stesso della nostra Costituzione.
Le pubblicazioni di questi soggetti non fanno però “punteggio” al fine della classificazione di una rivista in Fascia A secondo il Regolamento dell’Anvur e di conseguenza un periodico ricco di contributi di studiosi «non strutturati» si troverà a essere penalizzato al momento della sua valutazione.
Inoltre essendo il procedimento valutativo scelto dall’ANVUR strettamente legato ai risultati ottenuti da una rivista nella VQR, “nell’ambito di una determinata area scientifica”, si viene a creare un ulteriore paradosso. Considerando come punto di riferimento l’Area 11 (Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche), si trova, infatti, a essere “punita” quella rivista che ha ospitato lavori di studiosi italiani non incardinati in quell’Area. Studiosi di cui nessuno vorrà negare, si spera, l’indispensabile contributo per la ricostruzione e l’analisi, à part entière, del passato: storici internazionalisti, del diritto, dell’economia e del pensiero economico, dell’antichità, della filosofia, dell’arte, della letteratura, della musica, del pensiero politico e delle istituzioni, della medicina, antropologi, sociologi.
E con ciò si arriva all’assurda situazione, per cui il Comitato editoriale di un periodico scientifico dovrebbe augurarsi di non dover pubblicare lavori di tutti gli studiosi sopra elencati, per non mettere a rischio di vedere il proprio periodico confinato nella geenna delle riviste non titolate, tutte a rischio di una rapida e ingloriosa estinzione.
Abbiamo formulato queste riflessioni per sottometterle all’attenzione delle redazioni delle riviste storiche, al Coordinamento delle Società storiche, a tutti i colleghi raccolti nelle Società storiche, agli altri studiosi di area umanistica ma anche nella speranza che quanto da noi scritto possa spingere l’Anvur a proseguire il cammino lungo la strada di una cultura della valutazione rigorosa sì ma sempre inspirata ai superiori criteri del buon senso.
Il Comitato direttivo di «Nuova Rivista Storica»
Eugenio Di Rienzo, Università degli Studi di Roma La Sapienza
Bruno Figliuolo, Università degli Studi di Udine
Keith Hitchins, University of Illinois at Urbana-Champaign
Luciano Monzali, Università degli Studi di Bari
Aurelio Musi, Università degli Studi di Salerno
Gigliola Soldi Rondinini, Università degli Studi di Milano