di Daniele Scalea
Nel maggio di ottant’anni fa terminava la Guerra d’Etiopia: precisamente, era il 9 maggio 1936 quando Benito Mussolini annunciava dal balcone di Palazzo Venezia la rifondazione dell’Impero. In questi otto decenni quel conflitto è stato oggetto di non poche attenzioni da parte della storiografia, per tutto quello che rappresentò il picco del consenso verso il regime fascista in Italia, l’ultima conquista coloniale europea in Africa, l’abolizione della schiavitù, di fatto, ancora presente nell’Impero etiope, l’uso di gas da parte delle nostre Forze Armate, e via dicendo.
Un nuovo mattone nell’edificio dell’analisi storiografica del conflitto italo-etiope è posto dalla recente uscita de Il “Gioco degli Imperi”. La Guerra d’Etiopia e le origini del secondo conflitto mondiale, opera di Eugenio Di Rienzo pubblicata dalla Società Editrice Dante Alighieri nella Biblioteca della “Nuova Rivista Storica”.
L’Autore, professore ordinario all’Università Sapienza, s’inserisce nel dibattito storiografico internazionale che collega l’invasione italiana dell’Etiopia alla di poco successiva conflagrazione mondiale. Le 190 pagine dell’opera sono una disamina del turbinio diplomatico che l’impresa mussoliniana mise in moto a livello internazionale.
La decisione italiana di scendere in armi contro il vecchio nemico abissino («tre conti» andavano regolati, secondo una canzone propagandistica dell’epoca, che faceva riferimento alle sconfitte patite a Adua, Macallé e all’Amba Alagi nel 1895-96) e la risoluzione della Gran Bretagna di adottare la linea dura contro il nostro paese, misero in crisi quell’equilibrio europeo appena fissato col Patto di Stresa e mirato a contenere il revanscismo della Germania nazista.
Come ben descrive, con ricchezza di documentazione, Di Rienzo nel suo libro, l’intransigenza britannica suscitò non pochi dubbi persino tra i Dominions (Australia, Canada e Nuova Zelanda), timorosi d’essere chiamati ancora una volta a sacrificare i propri figli per una nuova guerra europea. A maggior ragione lasciò interdetta la Francia, allora governata dalla Destra di Pierre Laval, la quale aveva appena raggiunto un’intesa con Mussolini in funzione anti-tedesca (nel 1934 l’Italia aveva persino mobilitato l’Esercito per impedire a Hitler di annettersi l’Austria).
Forse sorprendentemente, l’Italia fascista poté godere pure di una certa benevolenza da parte dell’URSS. Mentre Togliatti prospettava la possibilità d’inviare “brigate internazionali” a combattere contro gli Italiani e Mosca condannava formalmente l’invasione dell’Etiopia, i Sovietici non lesinarono gli sforzi per tranquillizzare Mussolini, contrastare l’intransigenza britannica in seno alla Società delle Nazioni e lasciare il più possibile inapplicate le sanzioni. Come affermò pubblicamente Stalin, il vero pericolo era il Terzo Reich in Europa, non l’Impero fascista in Etiopia, e per lunghi mesi i Sovietici cercano di preservare un asse franco-italo-sovietico contro il revisionismo tedesco.
La sfiducia di Mosca verso Londra (la stessa che sul medio periodo avrebbe condotto al Patto Molotov-Ribbentropp) derivava dal sospetto che i Britannici volessero aizzare i Tedeschi contro l’URSS. Hitler non faceva mistero di considerare l’URSS il nemico e la Gran Bretagna un potenziale amico, e non pochi in seno all’establishment britannico in quel momento speravano in un accordo col dittatore nazista: nel 1935 era stato siglato un Trattato Navale anglo-tedesco, in apparente violazione del Patto di Stresa con Francia e Italia, inaugurando l’infausta politica dell’appeasement.
Adolf Hitler perse non poco tempo a meditare sulla scelta da prendere. Al bivio tra Londra e Roma, fu solo per sfiducia verso la persistenza delle intenzioni britanniche se optò infine per l’Italia. Non va dimenticato che l’Etiopia aveva ammodernato il proprio esercito, prima del conflitto con l’Italia, proprio grazie all’appoggio della Germania e del Giappone. Anche con Tokyo i rapporti dell’Italia erano tesi, ma la linea sanzionistica della Gran Bretagna favorì il riavvicinamento. Una triplice alleanza riluttante, resa possibile solo dalla maldestra politica di Londra.
Insomma, un caleidoscopio di alleanze messo in moto dalla Guerra d’Etiopia e magistralmente raccontato da Di Rienzo, il quale ha scelto, non a caso, di intitolare il suo libro con la parafrasi di una celebre serie televisiva americana in cui intrighi politici e contese dinastiche la fanno da padroni.
(Pubblicato il 17 maggio 2016 – © «L’Huffington Post»)