di Aurelio Musi
Da cristiano si chiamava Giovan Dionigi Galeni. Ma poi si convertì alla religione musulmana: e divenne Uccialì. È una storia ricca di avventure quella raccontata da Mirella Mafrici nel libro Uccialì. Dalla Croce alla Mezzaluna. Un grande ammiraglio ottomano nel Mediterraneo del Cinquecento (Rubbettino Editore, pp. 136, € 14,00). Siamo nel secolo che vede due grandi imperi, quello spagnolo e quello ottomano, in conflitto per l’egemonia del Mediterraneo: un mare al centro dell’economia-mondo, con gli stati europei alle prese con problemi di crescita. Giovan Dionigi nasce nel villaggio calabrese di Le Castella, vicino Capo Rizzuto. Nel 1536, durante un’incursione degli ottomani, viene catturato dai turchi insieme con la madre Pippa e il fratellino, trasportato dal Barbarossa a Costantinopoli e avviato alla schiavitù con altri cristiani. La vita a bordo delle galere turchesche e barbaresche è dura: incatenati a un banco di voga fino a venti ore di seguito, bastonati a sangue, ossessionati da fame e sete, molti non resistono e se ne vanno all’altro mondo. Ma il Galeni è forte, intelligente, intraprendente, conoscitore provetto della navigazione: fa tesoro di tutti i segreti della “guerra di corsa”. Dopo alcuni anni di dura schiavitù, una malattia cambia la sua esistenza. Jafar Pascià lo prende al suo servizio. Giovan Dionigi rinnega la sua religione, si converte all’Islam e sposa una delle figlie. Il suo nuovo nome sarà Uccialì.
Come tanti altri cristiani rinnegati scaltri e intraprendenti, Uccialì capisce che il nuovo status gli consente non solo una vita migliore, ma anche la scalata nella piramide sociale. Così si ritrova prima al seguito di Dragut, combatte a Malta e a Tunisi, partecipa alla guerra di Cipro, alla battaglia di Lepanto, diventa capitano di mare, quindi un ammiraglio ottomano. Con la sua scomparsa finisce un’epoca: i turchi sono allontanati dal Mediterraneo. Ma Uccialì entra nella leggenda. Nessuno, come scrive Braudel, rivivrà una carriera analoga alla sua. Nessun altro sarà paragonabile a quest’uomo,venuto da umili origini e capace di intrecciare incursioni e schiavitù, conflitti e pace, il rapporto con tre Sultani. Tutti ingredienti destinati ad alimentare il mito del meridionale venuto dal nulla, che incontra fortuna e successo nella Costantinopoli del Cinquecento. Mirella Mafrici ha prodotto una splendida biografia, ricca di documentazione inedita, originale nella scelta del personaggio collocato tra storia e leggenda, limpidamente scritta con stile attraente e scorrevole.
(Pubblicato il 26 aprile 2021 © «la Repubblica» – Napoli)