di Luigi Morrone
La storiografia italiana non si è occupata molto dell’attività della diplomazia fuori della madrepatria. Manca uno studio organico della materia, se si fa eccezione per i lavori di Fabio Grassi Orsini e quelli più recenti di Luciano Monzali e Gerardo Nicolosi.
Eugenio Di Rienzo, modernista ormai dedito alla storia del Novecento, affronta la tematica ponendo la lente d’ingrandimento sul ruolo dei diplomatici dopo l’armistizio di Cassibile, reso noto l’8 settembre 1943. Il libro Un’altra Resistenza: La diplomazia italiana dopo l’8 settembre 1943, edito da Rubbettino nella collana “Studi Internazionali”, offre un’analisi approfondita del ruolo della diplomazia italiana dopo l’armistizio, esplorando le difficoltà e le sfide affrontate dai diplomatici italiani in un contesto di estrema incertezza e pericolo.
Di Rienzo mette in luce le storie di coraggio e resistenza di molti diplomatici che rimasero fedeli al governo del Re e si opposero al regime fascista repubblicano, utilizzando testimonianze dirette e documenti storici per offrire una visione completa di questo periodo complesso. L’autore analizza anche le dinamiche politiche e militari che influenzarono le decisioni dei diplomatici, evidenziando il loro contributo alla preservazione degli interessi nazionali e alla speranza di una futura ricostruzione del Paese. E lo fa, partendo dall’analisi delle conseguenze immediate dell’armistizio dell’8 settembre 1943 e per i diplomatici italiani.
La prima conseguenza fu una disgregazione delle Forze Armate, stante la presenza di forze di Occupazione Tedesca nel territorio italiano, presenza rafforzata notevolmente dopo l’armistizio e la successiva (13 ottobre) dichiarazione di guerra del Regno d’Italia alla Germania, ma – soprattutto – la conseguenza della decisione, presa con largo anticipo rispetto alla rivelazione dell’armistizio, di non resistere all’intensificazione della presenza tedesca in Italia. Scrive, infatti, Di Rienzo:
«La catastrofe, provocata dalla giornata del 9 settembre ebbe conseguenze disastrose non solo sullo strumento militare italiano ma anche su tutte le istituzioni statali e in primo luogo sul nostro corpo diplomatico. Ambasciatori, Ministri Plenipotenziari, Incaricati d’affari, Segretari, Consiglieri di legazione, Consoli, attachés militaires, Addetti culturali e addetti stampa furono travolti da una tempesta che segnò drammaticamente le loro esistenze».
Stante la ideologizzazione della guerra, i fascisti fedeli a Mussolini non seguirono il Re e Badoglio nel cambio di campo. Mussolini, liberato dai tedeschi, fondò nell’Italia del Nord la Repubblica Sociale Italiana, proponendosi come governo legittimo del Paese e continuando l’alleanza dell’Asse. L’Italia si trovò divisa in due, con il sud sotto il controllo degli Alleati e il nord sotto il controllo della RSI e dei tedeschi. Lo spartiacque attraversò anche il corpo diplomatico: vi furono diplomatici che aderirono alla RSI e diplomatici italiani fedeli al governo del Re, che affrontarono persecuzioni, deportazioni e persino esecuzioni sommarie.
Intanto gli antifascisti si organizzavano militarmente contro l’occupazione tedesca e il regime fascista ora repubblicano, con i diplomatici a fare da cerniera per una rete di collaborazione tra le forze della Resistenza, gli Alleati ed il governo del Re.
I diplomatici di stanza a Madrid e Lisbona, Paesi aderenti al Frente Iberico che aveva scelto la neutralità, furono oggetto di pesanti pressioni perché abbracciassero la causa della RSI, ma – salvo il Console di San Sebastián – il corpo diplomatico compatto rimase fedele al governo de Re, allacciando rapporti con le rappresentanze diplomatiche dei Paesi delle Nazioni Unite per coordinare le azioni politiche con quelle militari.
Più difficile fu la situazione dei diplomatici di stanza nei Paesi in via di uscita dall’Asse. A Bucarest, Budapest, Sofia, i «diplomatici del Re» operarono nel più completo isolamento dalla madrepatria, in una situazione precaria e rischiosa, pagando il prezzo di dolorosi sacrifici e mettendo a rischio la libertà. In Romania il corpo diplomatico in modo quasi compatto rimase fedele al Re, dopo una tempestosa telefonata tra Mussolini e il plenipotenziario Bova Scoppa, in cui quest’ultimo ribadiva di essere legato al giuramento di fedeltà.
Le vicende dei diplomatici furono influenzate da quelle dei governi romeni, fino al cambiamento di rotta di re Michele, che fece arrestare gli Antonescu e incaricò quale capo del governo il generale Constantin Sănătescu. La Romania ruppe i rapporti diplomatici con le forze dell’Asse e si schierò dalla parte delle Nazioni Unite e ad essere perseguitati, a questo punto, furono i diplomatici schierati con la RSI, ma Bova Scoppa riuscì ad evitare il bagno di sangue.
In Ungheria, il capo delegazione Anfuso si schierò con la RSI, il resto del corpo diplomatico si spaccò. I diplomatici rimasti fedeli al Re subirono ogni sorta di angheria, specie in seguito all’invasione tedesca. In Bulgaria, subito dopo l’8 settembre, all’interno della sede diplomatica di Sofia, iniziò a imperversare un’aspra guerra fratricida tra la componente maggioritaria badogliana, rimasta fedele al Capo Missione Mameli, e la fazione neofascista, guidata dall’addetto culturale Claudio de Mohr. Nonostante il barcamenarsi del governo bulgaro, Mameli e i suoi subirono ogni sorta di sopruso, fino all’arrivo dell’Armata Rossa.
A Berlino, Tōkyō, Shanghai, la situazione dei diplomatici che rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana e rimasero fedeli al governo legittimo fu veramente drammatica. Di Rienzo offre un’analisi dettagliata delle difficoltà e delle persecuzioni subite dai diplomatici italiani nel cuore dei Paesi controllati dall’Asse, mettendo in luce il loro coraggio e la loro resistenza morale. Attraverso una ricca documentazione e testimonianze dirette, l’autore ricostruisce le esperienze di figure come Mario Indelli e Francesco Maria Taliani de Marchio, rispettivamente capi missione nella capitale nipponica e a Shanghai
Il libro si distingue per la sua rigorosa ricerca documentaria e per l’approccio critico che invita i lettori a riflettere sulle sfide interne e sulle contraddizioni che hanno caratterizzato il movimento resistenziale. Una delle forze dell’opera è la capacità di contestualizzare gli eventi storici, mettendo in luce aspetti spesso trascurati o poco noti al grande pubblico.
Dal punto di vista critico, il libro potrebbe suscitare dibattiti tra storici e appassionati di storia per il suo approccio non convenzionale e per alcune conclusioni che potrebbero essere considerate controverse. Tuttavia, proprio questa capacità di stimolare il dialogo e la riflessione critica rappresenta uno dei maggiori pregi del lavoro di Di Rienzo.
In sintesi, Un’altra resistenza è una lettura stimolante per chiunque sia interessato a comprendere meglio un periodo cruciale della storia
(Pubblicato il 29 marzo 2025 © «L’Altra Voce»)