di Aurelio Musi
Giuseppe Galasso, a poco più di un anno dalla scomparsa, è più che mai vivo: non solo nel ricordo e nell’insegnamento di uno dei più grandi storici del Novecento, ma anche per gli strumenti che ancora la sua straordinaria intelligenza offre al fine di meglio interpretare il nostro presente.
Esemplare dei due profili di questa memoria è il volume Giuseppe Galasso storico e maestro, a cura di Eugenio Di Rienzo (Biblioteca di Nuova Rivista Storica – Società Editrice Dante Alighieri) che viene presentato giovedì, ore 16, alla Società Napoletana di Storia Patria presso il Maschio Angioino. A discuterlo lo stesso curatore, il medievista Giovanni Vitolo, il caporedattore di “Repubblica” Napoli, Ottavio Ragone, e lo scrivente.
Il volume, che contiene saggi di Bruno Figliuolo, Aurelio Musi, Egidio Ivetic, Andrea Ungari, William Mulligan, Eugenio Di Rienzo e Luciano Monzali, è un omaggio di “Nuova Rivista Storica” a Galasso. La sua struttura si compone di due parti: una dedicata ad alcuni aspetti dell’immensa produzione storiografica di Galasso e al suo rapporto con la politica italiana; l’altra a personaggi, temi e problemi che, direttamente o indirettamente, hanno interessato e attraversato il suo intenso itinerario intellettuale.
Tre sono gli aspetti della produzione storiografica analizzati nel libro. La storia del Regno di Napoli dal Medioevo fino alla sua fine e all’integrazione del Mezzogiorno nel Regno d’Italia ha costituito forse il centro della ricerca e dell’interpretazione storica di Galasso. La sua insistenza è andata soprattutto nella direzione di sottolineare il contributo offerto dal Mezzogiorno all’Europa attraverso la sua civiltà dispiegata in tutti i campi. E il maestro ripeteva sempre che ancora oggi le testimonianze e i riconoscimenti internazionali collegano presente e passato in una catena produttiva che non ha niente da invidiare al resto del mondo occidentale più avanzato.
Altro aspetto è il rapporto tra Galasso e gli storici italiani del Novecento. Grandi maestri come Gioacchino Volpe, Adolfo Omodeo, Luigi Salvatorelli, Federico Chabod, Franco Venturi, Renzo De Felice, per citare solo alcuni nomi, secondo Galasso hanno saputo pensare in grande la storia d’Italia, accomunati da una forte tensione etico-politica, e proporre categorie interpretative che oggi possono apparire desuete solo a chi, affetto da esterofilia acuta, vuole inseguire a tutti i costi le mode del giorno.
Galasso e il Partito comunista è forse il tema più originale affrontato nella prima parte del libro. Luciano Monzali ha analizzato la politica del Pci, soprattutto nel Mezzogiorno, fin dai suoi articoli scritti per la rivista “Nord e Sud”, fondata da Francesco Compagna e Vittorio De Caprariis nel 1954. Galasso non ha mai negato la funzione positiva svolta dal Pci. Ha sottolineando certo la sua secessione dalla democrazia occidentale ma, proprio per questo, ha valutato con vivo interesse le trasformazioni del partito dopo il 1989.
La seconda parte del volume comprende saggi dedicati alla formazione del giovane Gioacchino Volpe, a cui Galasso riconosceva un ruolo di primo piano nella storiografia italiana del Novecento; all’ingresso dell’Italia e alla sua politica estera nella prima guerra mondiale; al complesso rapporto di Benedetto Croce, la stella polare di Galasso, con la politica inglese tra il 1943 e il 1944; ai Balcani nell’Europa mediterranea.
Impreziosiscono il testo l’ultima intervista rilasciata da Galasso, che contiene riferimenti poco noti alla sua infanzia, adolescenza e formazione intellettuale, e alcune foto scelte dalla figlia Giulia, eloquente testimonianza della solare umanità e della vivace ironia del maestro.
(Pubblicato il 20 marzo 2019 © «la Repubblica»)